Indice
Domande e risposte
La
protesi di spalla è un dispositivo medico finalizzato alla sostituzione completa o parziale dell’
articolazione danneggiata da
patologie o
traumi.
La procedura di
impianto della
protesi viene presa in considerazione quando tutti i
trattamenti conservativi (farmacologici e fisioterapici)
non hanno avuto
successo e la
qualità di vita del paziente è
penalizzata dal
dolore cronico e dalla limitazione nel movimento.
Gli
obiettivi della
chirurgia sono, pertanto, l’
eliminazione del dolore (una condizione che viene raggiunta in più dell’80-90% dei casi) e il
miglioramento della
mobilità della
spalla. È però importante sottolineare che, soprattutto nei casi in cui l’articolazione è maggiormente compromessa, la
mobilità potrebbe
non tornare quella originaria.
Tuttavia, anche
dopo l’intervento rimane
controindicata l’applicazione di
sforzi all’articolazione e occorre prestare particolare
attenzione ad eventuali
cadute, che possono
danneggiare il dispositivo e le parti anatomiche residue e rendere necessario un nuovo impianto.
Quanto dura una protesi?
In condizioni normali, se vengono rispettate le indicazioni
prescritte dall’ortopedico alla dimissione, una protesi di spalla ha una
durata di 15-20 anni.
Com’è fatta l’articolazione della spalla
L’articolazione della
spalla, più propriamente detta scapolo-omerale, è costituita da una
componente ossea ed una relativa ai
tessuti molli.
Le
due componenti ossee sono:
- La testa dell’omero: si tratta dell’estremità dell’osso lungo del braccio, che ha una forma sferica;
- La cavità glenoidea: l’incavo presente sulla superficie della scapola che accoglie la testa dell’omero.
Le due
ossa sono tenute insieme da 4 muscoli e dai tendini che formano la cuffia dei rotatori, che assicurano stabilità e sostegno alla spalla.
Inoltre, le
superfici della
testa dell’omero e della
glena scapolare sono ricoperte da un
tessuto liscio (la cartilagine articolare) che rende possibile il movimento relativo prevenendo la comparsa dell’attrito. Un
ulteriore fattore di
protezione è rappresentato dal
liquido sinoviale, un fluido lubrificante prodotto dalla membrana sinoviale, che ricopre la superficie articolare.
Quando è indicato l’impianto della protesi di spalla
L’
impianto è
indicato quando
subentra una delle seguenti
patologie o condizioni e sono presenti dolore intenso che permane anche durante il sonno ed è difficilmente controllabile con gli
antidolorifici, e una limitazione importante ai
movimenti, che impedisce di svolgere azioni quotidiane come
lavarsi e
asciugarsi i
capelli.
L’artrosi
La
ragione che costringe più di
frequente all’impianto della protesi di spalla è l’
artrosi, una patologia correlata all’
usura della
cartilagine articolare e alla formazione di
escrescenze ossee (dette osteofiti). L’artrosi provoca la scomparsa del distanziamento fra la testa dell’omero e la glena scapolare e quindi il contatto e l’attrito fra le due superfici ossee. Questo quadro è caratterizzato da
dolore e
rigidità.
L’artrosi è
promossa dal naturale invecchiamento delle cartilagini, che progressivamente si disidratano e perdono di spessore, e può essere accelerata da traumi o ripetute lussazioni.
L’artrosi della spalla può subentrare anche come
conseguenza di
malattie metaboliche (
diabete, gotta) o a causa di
malformazioni anatomiche delle ossa.
L’artrite e le altre patologie reumatiche
L’impianto della protesi di spalla viene spesso eseguito per migliorare il dolore e la mobilità in caso di
patologia reumatica. Malattie come l’
artrite reumatoide e l’
artrite psoriasica comportano un’infiammazione cronica della membrana sinoviale, che, con il tempo, non è più in grado di produrre il liquido sinoviale, aumeportando alla lesione della cartilagine articolare.
L’artrite può anche rappresentare la
complicanza di un
trauma che ha causato gravi lesioni delle componenti ossee, tendinee e muscolari dell’articolazione: l’artrite post-traumatica è dovuta alla degenerazione della cartilagine conseguente al trauma ed è associata a
dolore e
limitazione della
mobilità.
Altre condizioni
La procedura può essere decisa a causa della
necrosi (osteonecrosi) avascolare della
testa omerale, una condizione nella quale una parte della testa dell’omero non riceve sangue, per diverse ragioni, e va in necrosi.
La necrosi avascolare può essere promossa dalla terapia cronica con cortisonici, dall’abuso di alcol o da gravi fratture.
La
sostituzione dell’articolazione può anche rendersi necessaria dopo
fratture mal consolidate, gravi traumi che sono stati trattati in maniera non corretta e che hanno portato a deformazione delle superfici ossee a contatto.
L’intervento può anche essere prescritto in seguito al
fallimento di un
precedente impianto: in questo caso viene definito procedura di revisione. Si tratta di un intervento più lungo e complesso e l’
uso di protesi e
strumenti specifici.
I tipi di protesi

In base alle
condizioni del paziente, al tipo di
patologia o
trauma che ha portato a decidere per la chirurgia e all’estensione della lesione articolare l’
ortopedico sceglie il tipo di protesi da impiantare.
In funzione delle parti anatomiche che devono sostituire (solo la componente omerale oppure anche quella scapolare) la protesi può essere
parziale o
totale. Esistono, nella pratica,
molti casi borderline, che riguardano specialmente pazienti con osteoartrite, per i quali la scelta fra l’una e l’altra metodica può non essere semplice.
In base, invece, alla
morfologia del
dispositivo, si distinguono protesi anatomiche e protesi inverse.
La protesi totale di spalla
La protesi
totale è detta anche artroprotesi e
sostituisce sia la
testa dell’omero che la cavità glenoidea.
Si impianta quando entrambe le componenti ossee sono danneggiate.
La protesi parziale di spalla
La
protesi parziale è anche detta
endoprotesi e sostituisce
solo la
testa dell’omero.
Viene impiantata quando la glena della scapola è in buono stato; in questo caso l’intervento è detto
emiartroplastica.
La protesi anatomica di spalla
La protesi
anatomica riproduce l’anatomia della spalla.
Questo dispositivo viene impiantato generalmente a
pazienti di età compresa fra i 60 ed i 70 anni affetti da artrosi gleno-omerale, con
dolore articolare e
limitazione dei
movimenti (sia attivi che passivi) ma con cuffia dei rotatori relativamente conservata e trofismo muscolare buono.
La componente omerale della protesi anatomica
La componente omerale è
formata da:
- Uno stelo (fittone), che si innesta nell’omero prossimale, la porzione dell’omero vicina alla spalla;
- Una calotta quasi sferica, che prende contatto con la cavità glenoidea.
Per
impiantare la parte omerale della protesi occorre
rimuovere la
testa dell’omero dalla spalla del paziente e scavare parzialmente nella lunghezza (diafisi) dell’osso per potervi inserire lo stelo, che viene fissato con cemento.
Oggi la chirurgia tende a seguire un approccio il più conservativo possibile. Questo significa
ridurre al
minimo la
dimensione dell’impianto.
Un
esempio di dispositivi di recente generazione è rappresentato dalle
protesi emicefaliche, che sostituiscono solo metà della testa dell’omero e che hanno uno stelo molto breve, che viene inserito nell’omero per una lunghezza limitata. Questi dispositivi possono però essere impiegati solo in condizioni particolari: quando il danno articolare ha un’
estensione limitata, l’omero prossimale non è deformato e l’osso ha una buona densità.
Le
protesi emicefaliche hanno il grande
vantaggio di poter essere
convertite in
protesi totali al
bisogno.
Anche i materiali hanno subito un’evoluzione notevole e sono sempre più biocompatibili e performanti. Le protesi di ultima generazione sono costituite di materiali aggrappanti che consentono di non usare i cementi: sono le cosiddette protesi press-fit (tipo Lima).
La componente glenoidea
Ha superficie
concava, che può essere composta da una
base metallica (metal black) in cui si
incastra una sorta di scudo in polietilene.
In
alternativa, tutta la struttura può essere realizzata in
polietilene.
La protesi inversa di spalla
Le protesi inverse sono
protesi totali (esempio tipo
Zimmer,
Medacta) che prevedono l’utilizzo di una tecnica chirurgica
diversa rispetto a quelle anatomiche: contrariamente a quella che è la struttura anatomica della spalla, il chirurgo impianta un dispositivo caratterizzato da una componente omerale concava e da una componente glenoidea convessa.
L’
accesso chirurgico, in questo caso, può avvenire dall’area delto-pettorale (scelto soprattutto nel caso si tratti di procedure di revisione) oppure da quella supero-laterale. In
letteratura vengono riportati dati in
favore dell’una o dell’altra procedura senza che sia stato trovato accordo su quale sia la più sicura.
La protesi
inversa di spalla inverte l’anatomia
articolare per
ristabilire la funzionalità dell’arto.
Prima dell’impianto di una protesi inversa, l’ortopedico spiega al paziente che il dolore potrebbe persistere anche dopo l’intervento e che la
funzionalità dell’articolazione potrebbe non essere ripristinata completamente.
Le indicazioni
È
indicata specialmente nei pazienti con
lesioni irreparabili alla
cuffia dei rotatori, nei quali la testa dell’omero è risalita, la cartilagine usurata e l’articolazione va incontro a progressiva perdita di funzionalità (artropatia da lesione inveterata della cuffia). Viene scelta una protesi inversa anche quando sono presenti fratture pluri-frammentarie (o male consolidate) dell’omero prossimale (la porzione più vicina alla spalla).
L’impianto di una
protesi inversa richiede che il muscolo deltoide sia perfettamente efficiente, perché deve
sostituire la funzione della cuffia dei rotatori nel rendere possibili i movimenti di
sollevamento del
braccio.
Le controindicazioni
L’impianto di una protesi inversa è
controindicato in presenza di
lesioni nervose o grave
osteoporosi, che aumenta la probabilità di
fratture iatrogene (ossia che si verificano durante la procedura chirurgica) e di
mobilizzazione precoce della
protesi.
La durata
Una protesi
inversa di spalla
dura circa 10 anni.
Le complicanze associate alla protesi inversa
Il
rischio di complicanze riguarda il
20% circa degli impianti. Le complicanze di carattere generale (ictus, infarto, embolia) si verificano raramente e sicuramente con una frequenza significativamente inferiore rispetto all’impianto di protesi
d’anca o di
ginocchio.
Fra le
complicanze generali che possono verificarsi per tutti i tipi di protesi, le più frequenti correlate alle protesi inverse sono l’instabilità e il deficit di forza.
L’
instabilità porta a lussazioni frequenti, che possono essere ridotte in maniera incruenta, ma se gli episodi si ripetono può essere richiesto un intervento di revisione. In questi casi non si deve necessariamente sostituire tutta la protesi, ma spesso è sufficiente impiantare alcune parti nuove, lasciando le restanti vecchie al loro posto.
Quando le
lussazioni sono
frequenti, bisogna però
escludere un’infezione articolare.
Può anche accadere che il paziente abbia un deficit di forza, che può essere migliorato dalla
fisioterapia.
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Cosa fare prima dell’intervento
Prima di sottoporsi alla chirurgia per l’impianto della protesi è necessario
sottoporsi ad una
visita ortopedica nella quale il medico raccoglie elementi della storia del paziente che lo aiutano a ricostruire il suo quadro clinico (anamnesi) e valuta le condizioni di mobilità, stabilità e forza dell’articolazione (esame medico).
Gli ulteriori
passaggi consistono in:
-
Radiografia RX della spalla: fornisce informazioni sull’entità del danno, sulla gravità dell’assottigliamento della cartilagine e sulla presenza di calcificazioni tendinee;
-
TC della spalla: permette di studiare le strutture ossee;
-
Risonanza magnetica della spalla: consente di valutare l’eventuale compromissione dei tessuti molli, in particolare della cuffia dei rotatori;
-
Esame del sangue;
-
Esame delle urine: nei soggetti con infezioni urinarie ricorrenti occorre eseguire un’urinocoltura e verificare la presenza di un’eventuale infezione subclinica. In caso di positività, è necessario valutare la possibilità che i batteri presenti nei tratti urinari possano colonizzare anche il sito dell’intervento;
-
Elettrocardiogramma;
-
Visita anestesiologica, durante la quale viene scelta la metodologia di anestesia fra generale (il paziente viene addormentato per tutta la durata dell’intervento), locoregionale (viene anestetizzata solo l’area da operare) oppure mista; la visita anestesiologica viene di solito programmata qualche settimana prima dell’intervento. Nel corso del colloquio viene prestata particolare attenzione ai pazienti con malattie croniche che aumentano il rischio di reazioni avverse correlate agli anestetici (diabete, malattie cardiovascolari).
Sono
disponibili programmi digitali con cui il chirurgo può, prima dell’intervento, eseguire simulazioni delle interazioni fra le componenti articolari così come si realizzeranno
dopo l’impianto.
Cosa faccio se sono allergico ai metalli?
In caso di
allergie ai metalli, occorre informare il chirurgo nel corso dei
colloqui preventivi: verrà scelta una protesi in materiale alternativo. Sempre in questa fase devono essere riferite all’ortopedico le
eventuali terapie farmacologiche in corso, per capire
quelle che
dovranno essere
sospese in vista dell’intervento e quelle che, invece, potranno continuare ad essere assunte.
Cosa faccio se ho un ascesso a un dente?
La
presenza di
infezioni dentali o
ascessi deve essere adeguatamente trattata per prevenire il rischio che i patogeni che la alimentano invadano anche il sito di intervento.
Prima di sottoporsi all’artroplastica, è consigliabile spostare tutti gli oggetti di uso comune nei ripiani e cassetti più bassi dei mobili di casa: di ritorno a casa dall’ospedale, infatti, non sarà possibile sollevare il braccio per un certo periodo, variabile in funzione del singolo caso.
Quanto dura l’intervento
La procedura dura mediamente da un’ora a 2-3 ore, da sommare ai tempi di preparazione (circa un’ora) e di risveglio.
Il giorno seguente all’operazione, generalmente il paziente è in grado di alzarsi, compiere qualche passo e ingerire cibo solido.
Cosa fare (e non fare) dopo
Alla spalla viene applicato un
tutore, che verrà indossato per
2-4 settimane e che ha funzione di sostegno e protezione. L’arto viene sorretto on il
supporto di una busta reggibraccio.
Quanto rimarrò in ospedale?
La
degenza in
ospedale è pari a circa
4-7 giorni dopo l’intervento.
Quando toglierò i punti?
La
rimozione di
punti o
graffette di
metallo viene eseguita a
distanza di 3 settimane: durante questo periodo di tempo e almeno fino a che la ferita non è completamente chiusa e asciutta, sono vietati bagno e doccia.
Vivo da solo, come faccio?
Parla con il tuo
ortopedico e
chiedigli informazioni sulle strutture specializzate per la degenza e la riabilitazione.
Quando posso tornare a guidare?
Per le
prime 4 settimane dopo l’intervento
non è consentita la
guida.
Ogni quanto devo fare un controllo?
È previsto che, in assenza di complicazioni, venga eseguito un
controllo annuale.
Protesi di spalla: la riabilitazione
Il
successo dell’intervento e la
prevenzione delle
complicanze ad esso associate dipendono in gran parte dal rispetto delle indicazioni che vengono fornite dal medico.
Dopo la
dimissione viene stilato un
piano di riabilitazione della
durata media di 4-6 mesi circa: nei primi giorni vengono consentiti movimenti elementari, la cui complessità aumenta progressivamente nel corso della
convalescenza. L’inizio della fisioterapia vera e propria non può essere fissato prima delle 4 settimane dall’operazione.
È
importante, per massimizzare i risultati dell’intervento e del protocollo riabilitativo, che
ortopedico e
fisioterapista comunichino fra loro, al fine di identificare un
approccio personalizzato per il singolo paziente. Quest’ultimo, infatti, dipende da molti fattori fra cui il tipo di malattia o trauma che ha portato all’intervento, il livello di fitness del paziente, lo stato preoperatorio dell’articolazione e dei tessuti molli di supporto, la densità ossea di omero e scapola, il tipo di protesi impiegata ed eventuali
complicanze che possono essersi
verificate dopo la
chirurgia.
Quali attività non posso compiere?
Rimane controindicata l’applicazione di
carichi superiori a quelli
specificati all’articolazione.
L’impianto di una protesi di spalla
non è
compatibile con sforzi quali:
-
Sollevamento di pesi superiori a 5-10 kg; per le prime 2-4 settimane i medici consigliano di non sollevare pesi maggiori di quello di un bicchiere d’acqua;
-
Pratica di sport che mettono a dura prova l’articolazione (golf, tennis, pallavolo…) o di contatto;
-
Attività faticose che prevedono l’uso della spalla.
Occorre, inoltre,
prestare particolare
attenzione ad eventuali
cadute.
Quali attività posso compiere?
Sono
consentite (e consigliate) attività quali la
camminata, il
ballo liscio, il
nuoto, l’
aerobica, il
bowling e il
ciclismo.
La gestione del dolore post-operatorio
Nei
giorni successivi all’intervento è
normale avvertire dolore. Il medico prescriverà gli antidolorifici opportuni:
oppioidi,
antinfiammatori FANS o
anestetici locali, a seconda dei casi.
La gestione del dolore ha un ruolo importante nel processo di recupero. Da un lato, occorre ridurre al minimo l’assunzione di farmaci e in particolare di oppioidi, per evitare i rischi di reazione avversa e l’instaurarsi di fenomeni di
dipendenza. Dall’altro, però, per
evidenti questioni etiche e per consentire la
riabilitazione e il
recupero della
mobilità articolare, il dolore deve essere controllato.
È importante ricordare che
l’assenza (o la forte riduzione) del
dolore garantita dai
farmaci e dai risultati della procedura chirurgica
non deve
spingere a fare più di quanto consentito.
Esagerando con
movimenti e
sforzi si potrebbe mettere a rischio il successo della procedura.
Quali sono i sintomi che possono comparire dopo l’intervento
Una volta tornati a casa, è possibile
avvertire sintomi locali quali
intorpidimento nell’area circostante la ferita e rigidità dell’articolazione. Queste manifestazioni
non devono
preoccupare, perché sono generalmente
transitorie e
compatibili con il fatto che è stato eseguito un
intervento chirurgico.
Faccio fatica a recuperare mobilità
Non ci si deve preoccupare se i
tempi di
recupero della mobilità
non sono
rapidi: un recupero
lento è compatibile con una
convalescenza normale. In molti casi, purtroppo, la mobilità originaria dell’articolazione
non viene più
ripristinata e permane una
limitazione ai
movimenti che può essere oggetto di una valutazione medico-legale se l’intervento è stato reso necessario da un infortunio sul lavoro o da un incidente nel quale potrebbe essere necessario individuare una
responsabilità ai fini di
rimborsi,
indennizzi e
attribuzione di
invalidità.
Sento degli scricchiolii quando muovo l’articolazione: è normale?
Può succedere che, soprattutto nel primo periodo dopo l’impianto, si sentano rumori metallici o scatti quando le ossa della spalla sono in movimento fra loro. Si tratta di un fenomeno che tende a scomparire nel tempo.
Il metal detector suonerà quando passo?
I metal detector posizionati in aeroporti, tribunali e altri luoghi pubblici potrebbero scattare al passaggio di una persona con impianto di protesi di spalla. Avvisate l’agente addetto ai controlli dell’intervento che avete subito.
Le complicazioni
Il
tasso di
complicanze in seguito all’impianto di protesi di spalla è del
6-7% circa, aumentato dalla presenza di patologie croniche, primo fra tutti il
diabete.
Le complicanze che possono verificarsi sono:
-
Ematoma;
-
Paralisi di un nervo: di solito si verifica a causa di uno stiramento e si tratta di un fenomeno transitorio;
-
Lesione vascolare: si può verificare incidentalmente durante la procedura chirurgica, ma di solito si tratta di un danno che si ripara spontaneamente;
-
Frattura dell’omero o della scapola: se è correlata alla procedura viene detta frattura iatrogena; si verifica per lo più per un cedimento dovuto ad osteoporosi;
-
Mobilizzazione precoce della protesi: l’esecuzione di attività pesanti, che comportano sforzi eccessivi della spalla può portare all’usura delle componenti in materiale plastico impiantate o alla mobilizzazione della protesi;
-
Aderenze: malgrado i continui avanzamenti della tecnologia consentano la fabbricazione di protesi sempre più sicure e performanti, può succedere che dopo l’impianto la protesi formi aderenze, una sorta di tessuto cicatriziale che limita la mobilità articolare;
-
Instabilità: la protesi può muoversi dalla sua sede, causando lussazioni frequenti;
- Può capitare, anche se molto raramente, che il dolore permanga inalterato anche dopo l’intervento; si tratta di una complicanza la cui causa non è stata pienamente chiarita.
L’infezione
A livello della
ferita o nelle
aree di
tessuto circostanti la protesi può svilupparsi un’
infezione (
osteomielite). Benché venga praticata una
profilassi antibiotica in preparazione alla chirurgia, comunque rimane un rischio minimo di infezione, che riguarda un 2% circa dei casi e che può
richiedere la
somministrazione di
antibiotici o procedure drastiche come l’intervento di revisione.
È importante
sottolineare che
l’infezione può
verificarsi anche a
distanza di
anni dall’intervento.
Per la stessa ragione, nel corso della visita dentistica è necessario riferire che ci si è sottoposti ad una procedura per l’impianto di una protesi di spalla: il
dentista prescriverà l’antibiotico in caso di trattamenti specifici.