Indice
Domande e risposte
Il dolore al fianco è una sensazione dolorosa percepita a livello della porzione laterale del corpo, nell’area compresa fra addome e schiena.
Può avere caratteristiche diverse ed essere:
-
temporaneo o persistente
-
sordo (dolore profondo) oppure caratterizzato da fitte e spasmi (ossia contrazioni intermittenti e ripetute, più o meno prolungate)
-
acuito dallo sforzo o comparire anche a riposo
-
acuto o cronico
-
diffuso o localizzato
-
localizzato al fianco destro oppure al sinistro.
Il dolore al fianco può essere generato da diverse cause: per un approccio terapeutico corretto, è necessario individuarle, stilare una diagnosi e solo allora procedere con l’assegnazione del trattamento.
Il dolore al fianco (sia destro che sinistro) è generalmente un sintomo transitorio e non associato a patologie. Tuttavia, è bene rivolgersi al medico se:
Sindrome del dolore addominale funzionale
In generale, il dolore addominale è definito cronico se persiste per oltre 3 mesi, continuo o intermittente.
Il dolore addominale cronico può comparire a qualsiasi età dopo i 5 anni ed è presente nel 2% degli adulti, soprattutto donne.
In particolare, la diagnosi di sindrome del dolore addominale funzionale viene effettuata quando il dolore addominale è presente da almeno 6 mesi, in assenza di segni di malattia organica, non è legato ad eventi fisiologici (come la digestione) e interferisce con le attività quotidiane.
Questa sindrome è legata ad una ipersensibilità dei neuroni del corno dorsale del midollo spinale, causata da diversi fattori.
In presenza di un dolore persistente e in assenza di segni che possono ricondurre ad altre patologie, il medico può considerare la possibilità che si tratti di sindrome del dolore addominale funzionale. La conferma, per esclusione di altre malattie, avviene a seguito a:
In caso di pazienti che presentano specifici fattori di rischio, il medico può prescrivere esami più approfonditi. Ad esempio, nelle donne di età superiore ai 50 anni, l’ecografia può escludere il tumore dell’ovaio. Altre procedure diagnostiche sono:
-
-
gastroscopia
-
colonscopia
-
RX dell’intestino tenue
-
esame delle feci.
In assenza di cause organiche, è possibile solo trattare il dolore. La terapia si basa sull’assunzione di antinfiammatori. La tendenza è quella di prescrivere FANS (antinfiammatori non steroidei, come ibuprofene) cercando di evitare gli oppioidi per non incorrere nei ben noti fenomeni di dipendenza.
Patologie delle vie urinarie
Infezioni del tratto urinario (uti)
I tratti urinari sono le strutture anatomiche che portano l’urina dai reni, dove viene dializzata (prodotta) dal sangue, all’esterno, per essere eliminata. Sono rappresentati da:
-
ureteri: condotti che collegano i reni (con cui sono raccordati attraverso i bacinetti renali, o pelvi) alla vescica
-
vescica: organo che raccoglie l’urina proveniente dai reni
-
-
uretra: condotto attraverso cui l’urina passa dalla vescica all’esterno.

Le infezioni dei tratti urinari colpiscono soprattutto le donne e, in generale, gli individui di età superiore ai 50 anni. I tratti femminili sono più soggetti alle infezioni: più brevi, comportano un percorso minore per i microorganismi.
Le infezioni femminili sono principalmente pielonefriti (infezioni di rene e bacinetto renale) e cistiti (infezioni della vescica); quelle maschili, uretriti e prostatiti.
Le vie urinarie sono normalmente mantenute sterili dall’unidirezionalità del flusso dell’urina (che si muove sempre dal rene verso lo sbocco esterno dell’uretra) e dallo svuotamento completo della vescica durante la minzione (che evita il ristagno e quindi la proliferazione microbica).
Quando il passaggio di urina, per questioni patologiche malformative, risale a ritroso verso i reni o la vescica non viene correttamente svuotata, il rischio di UTI aumenta. La prima circostanza coincide con il
reflusso vescico-ureterale, condizione che affligge il 30-45% dei bambini affetti da patologie delle vie urinarie. La seconda, con alterazioni della motilità muscolare o disfunzioni di origine nervosa del controllo della vescica.
Se lo specialista sospetta una di queste condizioni, può prescrivere l’esecuzione di indagini quali
ecografia,
TAC o
cistografia.
Le UTI sono patologie di origine batterica (principalmente enterobatteri, come
Escherichia coli) o fungina che si manifestano con:
-
dolore al fianco corrispondente al rene interessato
-
febbre (con brividi)
-
minzione frequente (pollachiuria)
-
possibile presenza di sangue nelle urine.
La diagnosi viene effettuata tramite esame delle urine (raccolte con metodologia clean catch, da mitto intermedio) e urinocoltura, che permette di individuare il microorganismo responsabile e, nel caso di batteri, di stabilire l’antibiotico più efficace (antibiogramma).
La terapia prevede la somministrazione di antimicrobici specifici con azione diretta contro il germe responsabile dell’infezione: antibiotici nel caso (più frequente) di infezione batterica o antimicotici se sono coinvolti funghi.
Le UTI devono essere trattate tempestivamente e correttamente per evitare che i microrganismi risalgano le vie urinarie e infettino il rene, causando danni permanenti al suo parenchima e una riduzione della sua funzionalità.
Stenosi dei tratti urinari
La stenosi dei tratti urinari (ureteri ed uretra) è un restringimento dei condotti attraverso i quali passa l’urina, causato da:
-
una malformazione delle vie urinarie (stenosi congenita), nell’ambito della quale si forma una curva a gomito che occlude il passaggio dell’urina
-
una patologia che provoca l’obliterazione del lume (stenosi acquisita), come nel caso dell’ipertrofia prostatica
-
un tumore localizzato nella cavità addominale che comprime le vie urinarie, impedendo il corretto flusso dell’urina.
Queste circostanze, ostacolando il deflusso dell’urina, possono scatenare l’insorgenza di dolori colici all’addome e al fianco. I sintomi peggiorano con l’ulteriore assunzione di liquidi, a causa dell’aumento della pressione a monte dell’occlusione.
Le caratteristiche della stenosi variano a seconda che il blocco riguardi l’uretra o l’uretere. La stenosi uretrale viene trattata rimuovendo la causa che la genera. E’ possibile procedere con l’inserimento di un catetere che dilati il tratto interessato oppure optare per la correzione chirurgica.
La stenosi ureterale, essendo più prossima al rene, è una condizione associata a maggior rischio di infezioni, calcolosi e perdita del parenchima renale (e quindi della funzionalità del rene). Il trattamento della stenosi ureterale è chirurgico, anche endoscopico.
Patologie renali
Calcolosi renale

La calcolosi renale è la causa più comune di dolore al fianco in assenza di febbre.
E’ molto diffusa nella fascia di età compresa fra i 30 ed i 60 anni: si stima che 2-3 soggetti su 20 abbiano avuto almeno una colica renale nella loro vita.
Si tratta della formazione, nei canali urinari, di aggregati di sali inorganici (calcio, fosforo, magnesio) o sostanze organiche (ammonio, acido urico, cistina), che precipitano e si posizionano impegnando le vie urinarie. In questo modo impediscono il passaggio di urina, la porzione a monte dell’ostacolo si rigonfia e si scatena un dolore dovuto allo spasmo della muscolatura liscia delle vie urinarie: la colica renale. Questa è rappresentata da un dolore crampiforme monolaterale, acutissimo e difficilmente trattabile, localizzato in corrispondenza del lato interessato, che si irradia all’inguine.
Il dolore, classico sintomo d’esordio, è spesso associato a nausea, vomito e malessere generale.
Nel corso della visita nefrologica, lo specialista può prescrivere:
La terapia della calcolosi renale può essere messa in atto con:
-
litotrissia extracorporea: esposizione ad onde d’urto con frammentazione del calcolo dall’esterno. Può essere eseguita solo su alcuni pazienti
-
litotrissia endoscopica: frammentazione eseguita con diverse fonti di energia
-
chirurgia endoscopica: asportazione di calcoli per via endoscopica
-
chirurgia a cielo aperto: si effettua esclusivamente per asportare calcoli di dimensioni importanti.
Pielonefrite
La pielonefrite è l’
infiammazione del rene e del suo raccordo con l’uretere (il bacinetto renale, pelvi). Il
dolore è
sordo è
compare nel fianco, nel lato corrispondente al rene colpito.
La causa più frequente di pielonefrite è quella
infettiva, principalmente batterica. I germi raggiungono i reni attraverso i tratti urinari (molto più raramente dalla circolazione sanguigna), tanto che la pielonefrite infettiva può rappresentare una complicanza di un’infezione dei tratti urinari bassi (come la cistite).
Oppure può originare da
malformazioni e
insufficienze valvolari dei tratti urinari. Il caso più frequente è quello del
reflusso vescico ureterale, una condizione nella quale la tenuta della valvola situata fra la vescica e l’uretere non è perfetta e l’urina può risalire verso il rene.
La pielonefrite infettiva deve essere trattata e risolta nel più breve tempo possibile. La sua diffusione comporta (soprattutto nel bambino) la guarigione del rene con formazione di cicatrici, che penalizzano la funzionalità del parenchima renale.
I sintomi della pielonefrite sono:
-
dolore al fianco
-
febbre con brividi
-
nausea e vomito.
Tumore renale
Il tumore renale è una patologia relativamente diffusa, che colpisce principalmente i soggetti al di sopra dei 60 anni. Spesso è asintomatico e viene diagnosticato casualmente.
Può manifestarsi (quando i sintomi sono presenti) con:
-
dolore al fianco e alla schiena localizzato nel lato del rene malato
-
presenza di sangue nelle urine
-
tumefazione locale (non sempre apprezzabile).
Ernia addominale
L’ernia addominale è un’estroflessione dell’intestino attraverso la parete addominale. Si tratta di una protuberanza apprezzabile alla palpazione, causata dall’esecuzione di sforzi in presenza di una parete addominale indebolita per i fenomeni legati all’invecchiamento o fattori congeniti.
L’ernia addominale è un’evenienza frequente, che interessa il 5% della popolazione.
Una delle sue complicanze è lo strozzamento dell’intestino nella smagliatura che si è formata nella parete addominale e attraverso la quale lo stesso è erniato. Il dolore da ernia può essere molto intenso (in particolare se l’ernia è strozzata) Aumenta in caso di affaticamento, esercizio fisico, trascorrendo molto tempo in piedi, in caso di tosse o starnuti. E’ localizzato alla parte centrale dell’addome, al fianco e può irradiarsi alla gamba corrispondente.
A parte i rari casi di regressione spontanea, l’ernia addominale deve essere trattata chirurgicamente.
Patologie dell’apparato gastroenterico
Nel caso di dolore al fianco che origina da disturbi del colon, la sensazione dolorosa è generalmente localizzata nel fianco corrispondente al tratto di organo interessato. Le alterazioni del colon ascendente producono normalmente dolori al fianco destro; quelle del discendente e del sigma, al sinistro.
Morbo di Crohn
Il
Morbo di Crohn è una
malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) legata a cause non ancora del tutto note. Non è una malattia genetica, anche se alcuni geni sembrano essere coinvolti nella sua genesi; l’ipotesi più accreditata è che si tratti di una malattia
autoimmunitaria.
Si stima che almeno 150.000 in Italia soffrano di questa patologia i cui sintomi comprendono:
-
dolore all’addome e al fianco, di tipo crampiforme
-
dissenteria cronica
-
dimagrimento: la mucosa intestinale infiammata perde parte delle sue capacità di assorbimento delle sostanze nutritive; la perdita di peso può essere rilevante
-
febbricola, che si presenta per lo più la sera
-
dolori articolari.
Diarrea e/o dolori addominali che persistono da almeno 4 settimane, generalmente orientano il gastroenterologo verso un sospetto di Morbo di Crohn, che deve essere valutato con:
- colonscopia: la biopsia che si esegue durante l’esame permette di rilevare le modificazioni del tessuto indotte dallo stato infiammatorio
- esame del sangue
-
esame delle feci
-
ecografia delle anse intestinali
-
RX baritato
-
RM addominale con mezzo di contrasto: è una procedura non invasiva che permette di localizzare i focolai di infiammazione. Grazie all’assenza di esposizione a radiazioni ionizzanti e all’analoga capacità diagnostica, è preferita rispetto all’entero-TAC
-
gastroscopia: valuta l’eventuale localizzazione della malattia nella porzione iniziale dell’intestino (digiunoileite), elemento che orienta la terapia
-
enteroscopia con videocapsula: esplora le anse del tenue che la colonscopia non vede, ma è sconsigliata in caso di stenosi (che potrebbero imprigionare la videocapsula).
La terapia del Morbo di Crohn prevede la somministrazione di:
-
antinfiammatori (mesalazina e cortisonici)
-
antibiotici (fluorochinolonici, rifamixina): riequilibrano la flora batterica e trattano eventuali ascessi
-
immunosoppressori (azatioprina, metotrexate): inibiscono la reazione autoimmunitaria e consentono al paziente una buona qualità di vita
-
farmaci biologici (infliximab, adalimumab): bloccano selettivamente le molecole responsabili dell’infiammazione.
Se non adeguatamente trattata, l’infiammazione indotta dal Crohn può provocare la formazione di fistole (veri e propri buchi della parete intestinale), ascessi (infezioni) e stenosi (restringimenti) che costringono all’intervento chirurgico.
Sindrome del colon irritabile
La Sindrome del Colon Irritabile è una
patologia funzionale debilitante dell’intestino, che comporta alternanza di episodi di dissenteria e stitichezza, dolore addominale, gonfiore, stanchezza e malessere generale.
Interessa circa il 10% della popolazione, in particolare quella femminile di età compresa fra i 20 ed i 50 anni.
Ha una marcata componente emotiva: le crisi spesso si verificano in corrispondenza di eventi stressanti, sia dal punto di vista fisico (malattie, interventi chirurgici), sia psicologico.
La diagnosi si basa inizialmente sull’esclusione di altri disturbi, come l’intolleranza al lattosio (che ha sintomi analoghi e viene diagnosticata con il
Breath Test) e la malattia celiaca (rilevabile con l’
esame del sangue). I criteri di Roma per la diagnosi della Sindrome dell'intestino irritabile, sono la presenza di dolore addominale o fastidio per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi con almeno 2 delle seguenti caratteristiche:
-
miglioramento con l'evacuazione
-
insorgenza a seguito dell’alterazione della frequenza dell'evacuazione
-
cambiamenti della consistenza delle feci.
Il dolore da colon irritabile è localizzato all’addome e al fianco; talvolta si irradia alla schiena e può interessare la zona pelvica.
Il trattamento della Sindrome del Colon Irritabile riguarda principalmente il bilanciamento dello stile di vita:
-
eliminazione di alcol e fumo e di tutti i cibi che l’esperienza del paziente suggerisce come dannosi (a questo scopo molti specialisti consigliano la compilazione di un diario alimentare); in generale, occorre che il paziente eviti gli alimenti che generano fermentazione, che portano alla produzione di gas e dunque alla distensione della parete addominale, responsabile di gonfiore e dolore
-
corretta idratazione
-
attività fisica
-
antidiarroici o procinetici: da assumere nei periodi in cui si manifestano rispettivamente diarrea o stipsi
-
antispastici: riducono gli spasmi dolorosi dell’intestino
-
farmaci psichiatrici: poiché la Sindrome del Colon Irritabile ha una marcata componente emotiva e beneficia del miglioramento del tono dell’umore, lo specialista può valutare la prescrizione di ansiolitici o antidepressivi al bisogno
-
antibiotici: disinfettanti locali che aiutano a trattare le disbiosi
-
terapia cognitivo complementare.
Colite ulcerosa
La colite ulcerosa è una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) che colpisce principalmente il retto ma che coinvolge tutto il colon. E’ caratterizzata da fasi di riacutizzazione alternate a periodi di remissione, durante i quali è asintomatica.
Lo stato di persistente infiammazione, porta alla formazione di ulcere nella parete intestinale (da cui il nome) e aumenta il rischio di sviluppare il carcinoma del colon retto.
Le cause della colite ulcerosa non sono ancora completamente note, ma coinvolgono la reazione autoimmunitaria.
La sintomatologia comprende il dolore addominale e localizzato al fianco, intenso e di tipo crampiforme corrispondente alla porzione di colon infiammata e la dissenteria (con perdite di sangue), che può essere tanto violenta da costringere al ricovero ospedaliero per la reidratazione del paziente.
La diagnosi della colite ulcerosa viene eseguita attraverso:
-
colonscopia: permette di valutare la presenza delle lesioni e, grazie alla contestuale biopsia, la presenza delle modificazioni indotte dall’infiammazione nelle cellule della parete intestinale
-
calprotectina: la presenza di questa sostanza nelle feci è indice di reazione infiammatoria; il suo dosaggio permette di monitorare la malattia
-
RX addome: nelle forme più gravi consente di visualizzare le lesioni
-
ecografia delle anse intestinali: permette il monitoraggio della malattia in maniera non invasiva.
La terapia, che deve essere seguita anche nei periodi di remissione, si basa sulla somministrazione di:
-
immunosoppressori (azatioprina, ciclosporina): deprimono la risposta immunitaria (anche quella autoimmunitaria)
-
antinfiammatori (mesalazina, steroidi)
-
farmaci biologici (infliximab): disattivano selettivamente le molecole responsabili della reazione autoimmunitaria
-
chirurgia: quando le lesioni sono troppo avanzate per poter essere controllate farmacologicamente, occorre procedere con la colectomia totale (asportazione del colon); avviene in quasi un terzo dei pazienti con colite ulcerosa estesa
-
antidiarroici: questi farmaci generalmente non vengono consigliati ai pazienti che soffrono di colite ulcerosa, perché possono causare gravi forme di dilatazione intestinale.
Tumore del colon retto
Grazie alle campagne di screening e alla diagnosi precoce, la mortalità del
tumore del colon retto è in diminuzione. Malgrado ciò, rimane una delle patologie più diffuse nei Paesi occidentali.
Colpisce prevalentemente le persone di età compresa fra i 60 ed i 75 anni, ma la sua incidenza nella popolazione più giovane è in continuo aumento.
I
fattori di rischio per il tumore del colon retto sono legati all’
alimentazione (la prevenzione si basa sull’aumento del consumo di fibra vegetale), alla genetica (
poliposi familiare del colon) e alla contestuale presenza di una patologia infiammatoria cronica dell’intestino (
MICI).
La sintomatologia è il più delle volte assente: normalmente, al momento della diagnosi, un terzo dei pazienti ha già metastasi epatiche. Quando presenti, i sintomi sono: stanchezza, mancanza di appetito, anemia, perdita di peso,
dolori addominali e al fianco (sintomi sfumati che non spingono a controlli estemporanei).
Stipsi cronica
La stipsi cronica è definita come una frequenza dell’alvo inferiore a due volte alla settimana in assenza di lassativi. Si tratta di una condizione molto diffusa, che interessa circa il 20% della popolazione.
E’ causata da un’alterazione funzionale della muscolatura addominale e pelvica che regola il transito intestinale.
Il dolore addominale e situato al fianco è spesso presente in casi di stipsi particolarmente ostinata.
La stipsi cornica può essere controllata attraverso l’assunzione di fibra vegetale, la corretta idratazione e l’attività fisica. La riabilitazione del tono muscolare addomino-pelvico ha recentemente dato buoni risultati nel controllo di alcune forme di stipsi cronica. I lassativi possono essere utili solo per un utilizzo sporadico; il loro abuso provoca un peggioramento della sintomatologia.
Intolleranze alimentari
Le intolleranze alimentari sono forme di reazione avversa al cibo, dose-dipendenti (prima distinzione rispetto alle allergie, che possono avere esiti fatali anche in caso di ingestione di micro-dosi) che non coinvolgono il sistema immunitario (seconda distinzione rispetto alle allergie).
Le intolleranze alimentari più diffuse sono quelle:
La sintomatologia delle intolleranze alimentari è limitata all’apparato gastroenterico: gonfiore, dolore addominale e al fianco, perdita di peso, dissenteria, vomito. In particolare, l’intolleranza al lattosio può causare una grave dilatazione dell’angolo sinistro del colon (sindrome della fessura splenica) con dolore cronico al fianco sinistro.
La diagnosi delle intolleranze alimentari avviene su base clinica, osservando la reazione dopo ingestione di determinati alimenti e procede per esclusione, fino all’isolamento di quello responsabile dei sintomi.
Occlusione intestinale
L’occlusione intestinale è la compromissione o la completa ostruzione del passaggio del contenuto intestinale.
Provoca dolori crampiformi all’addome e al fianco, stipsi e vomito.
La diagnosi viene effettuata su base clinica e confermata dagli RX dell’addome.
Fra le cause che possono portare all’occlusione intestinale: aderenze, ernie, tumori, diverticolite, volvolo (torsione del colon, particolarmente pericolosa perché, se non diagnosticata tempestivamente, può portare a cancrena), fecaloma.
Il trattamento prevede la rimozione chirurgica dell’ostacolo.
Disturbi dell’apparato riproduttivo femminile
Endometriosi
L’endometriosi è una condizione patologica nella quale il tessuto che riveste internamente l’utero (endometrio) è presente anche in altri organi, come le ovaie o l’intestino.
Il sintomo principale è il dolore, localizzato all’addome, alla pelvi e al fianco, di tipo crampiforme, che si acutizza in occasione del ciclo mestruale. Altri sintomi presenti sono la nausea ed il vomito.
In questa circostanza, la mucosa che riveste l’organo colpito si sfalda, esattamente come succede nell’utero in fase mestruale. Il sanguinamento provoca la formazione di cicatrici (aderenze), che portano alla deformazione della parete dell’organo coinvolto.
L’endometriosi riguarda il 6-10% della popolazione femminile.
La terapia si basa sull’assunzione di antinfiammatori, farmaci soppressori della funzionalità ovarica e, quando necessario, dalla chirurgia (per la rimozione del tessuto ectopico e delle aderenze).
Gravidanza ectopica
La gravidanza ectopica (ossia fuori posto) si verifica quando l’ovulo fecondato si impianta al di fuori dell’utero, ad esempio nelle tube di Falloppio. Provoca sintomi quali perdite di sangue, dolore addominale, in particolare pelvico e al fianco, nausea e vomito.
La gravidanza ectopica non può essere portata a termine: normalmente procede verso rottura (evenienza grave perché può determinare infiammazione della cavità addominale, peritonite) oppure involuzione.
Viene diagnosticata tramite esame del sangue (con dosaggio della beta gonadotropina corionica) e ecografia.
Torsione ovarica
La torsione ovarica è la torsione, parziale o completa, dell’ovaio attorno al proprio peduncolo vascolare. Questa distorsione causa la parziale o totale interruzione del flusso sanguigno nell’ovaio e una congestione che, se non trattata chirurgicamente, porta a necrosi ovarica. E’ più comune nelle adolescenti e nelle giovani donne.
Disturbi muscolo scheletrici
Il dolore al fianco che origina da un disturbo muscolo scheletrico è generalmente sordo, profondo e spesso intensificato dall’attività fisica e dalla palpazione.
Può insorgere dopo avere sollevato carichi importanti o per avere compiuto movimenti scoordinati. Si può trattare di uno stiramento o di pubalgia. In questo caso, l’assunzione di analgesici (sentito il parere del medico) migliora la sintomatologia.
Disturbi di origine nervosa
Dolore neuropatico
Il dolore neuropatico è un dolore di origine nervosa, ma la cui origine non è localizzata dove il paziente avverte il dolore. Un dolore neuropatico al fianco può segnalare la presenza di un’anomalia che comprime e irrita le radici nervose del midollo spinale (ernia discale, alterazione della giunzione fra coste e vertebre o dei processi trasversi di queste ultime).
In particolare, se il disturbo interessa la decima, undicesima o dodicesima costa, può generare un dolore pungente, a fitte, acuto, irradiato all’addome, al fianco e alla schiena e che peggiora con il movimento, molto simile a quello di una colica renale.
Herpes zoster
Il dolore al fianco di origine nervosa può essere originato dall’infezione da
Herpes zoster (la cui riattivazione determina il cosiddetto Fuoco di Sant’Antonio). Questo microorganismo attacca le cellule nervose scatenando un
dolore pungente, bruciante, trafittivo e molto intenso e la comparsa di un’eruzione cutanea lungo il decorso del nervo colpito. Il dolore può protrarsi anche dopo la remissione dell’eruzione cutanea (
nevralgia post herpetica).
Dolore di origine toracica
Dolore costale
Il dolore al fianco di origine costale può scaturire dalla frattura delle ultime coste. In questo caso, si irradia al fianco e alla schiena e si intensifica alla palpazione e con l’inspirazione profonda.
Dolore pleurico
La pleurite è l’infiammazione della pleura, la membrana che riveste la cavità toracica e i polmoni permettendo loro di dilatarsi e contrarsi durante la respirazione senza sfregare contro le costole.
La pleurite può provocare:
-
sfregamento fra i due foglietti della membrana, che scatena un dolore acuto localizzato all’addome e al fianco, simile a quello di una colica renale
-
un versamento di liquido, che comprime gli organi della cavità addominale, causando un dolore sordo e profondo.
La pleurite può avere un’origine microbica e rappresentare la complicanza di una polmonite, oppure può essere un sintomo di un’altra malattia (lupus eritematoso sistemico, embolia polmonare).
Dolore al fianco destro
Pancreatite acuta ricorrente
La pancreatite acuta ricorrente è una patologia infiammatoria del pancreas che si presenta con episodi ricorrenti anche associati a coliche biliari.
Può originare da alterazioni del pancreas, dei dotti biliari o da alterazioni chimiche della bile. Ma nel 30% dei casi non è possibile riconoscere una causa (pancreatite idiopatica).
Il dolore da pancreatite è localizzato nella parte alta centrale dell’addome, con irradiazione al fianco destro, o al sinistro e a volte anche al dorso (dolore a cintura). Un altro parametro che aiuta nel porre la diagnosi è rappresentato dalla concentrazione anomala dell’amilasi pancreatica nel sangue e nelle urine.
La terapia è farmacologica (in caso di alterazione chimica della bile), chirurgica (in presenza di ascessi o calcoli) o endoscopica (per la pulizia delle vie biliari).
Tumore del pancreas
Il tumore del pancreas colpisce prevalentemente le persone di età compresa fra i 50 e gli 80 anni e riconosce il fumo da sigaretta e l’obesità (in particolare la concentrazione del grasso a livello addominale) come i fattori di rischio principali.
La sintomatologia assente o sfumata e la difficoltà nel sondare l’organo (situato profondamente nella cavità addominale) ostacolano la diagnosi precoce. Quando presenti, i sintomi sono:
La diagnosi si effettua con la TAC; l’ecografia (sia esterna sia eseguita per via endoscopica) può essere utile.
Dolore al fianco dei runner
Nei runner, una corsa impegnativa può scatenare un dolore al fianco destro, verosimilmente legato ad una maggiore esigenza di sangue da parte dei tessuti. Il disturbo non è associato ad una carenza di allenamento e può essere così intenso da causare l’interruzione dell’esercizio fisico.
Secondo la teoria più accreditata, la fitta al fianco è dovuta all’accumulo di sangue nel fegato a causa dell’ingrossamento del cuore, impegnato nel sostegno all’attività fisica intensa. Lo stiramento della membrana glissoniana del fegato sarebbe all’origine del dolore.
Una seconda teoria afferma che il dolore potrebbe invece essere causato dalla spremitura del fegato, costretto a liberare velocemente glucosio (stoccato sottoforma di glicogeno) per sostenere lo sforzo fisico.
Un’altra ipotesi coinvolge il diaframma: sarebbe questo muscolo a contrarsi in maniera anomala a seguito dello sforzo, determinando l’insorgenza di fitte.
Appendicite
L’appendicite è l’infiammazione acuta dell’appendice vermiforme, che collega l’intestino tenue alla prima porzione del colon (il colon ascendente).
L’appendicite è più frequente negli adolescenti, ma diffusa nella popolazione di qualsiasi fascia di età.
Il dolore scatenato da questa patologia ha origine nella porzione centrale dell’addome e si irradia al fianco destro e alla fossa iliaca (inguine). La presenza di un dolore persistente al fianco destro, febbre e vomito, deve spingere a rivolgersi nel breve ad un medico. La diagnosi viene effettuata sulla base della visita e dell’esecuzione di TAC o ecografia addominale.
Il trattamento è chirurgico e farmacologico (con somministrazione di antibiotici).
L’appendicite è causata da un’ostruzione locale, che provoca il ristagno di contenuto intestinale e infezione. Se non viene trattata tempestivamente, può ulcerarsi, contaminando la cavità addominale (peritonite).
Colelitiasi (calcolosi biliare)
La colelitiasi è la presenza di uno o più calcoli nella bile (per lo più composti da colesterolo). E’ generalmente asintomatica, fino alla colica biliare. Questa è un’evenienza acuta, che compare con un dolore inizialmente localizzato al fianco destro e irradiato alla schiena ed al braccio dello stesso lato.
Mentre nausea e vomito sono spesso presenti, normalmente il paziente non ha febbre, Quando la temperatura è alterata, può essere indice di colecistite, una complicanza della colelitiasi.
L’esame utilizzato per rilevare la presenza di calcoli alle vie biliari è l’ecografia. La terapia è rappresentata dallo scioglimento dei calcoli con acido ursodesossicolico o dalla loro rimozione chirurgica.
Dolore al fianco sinistro
Diverticolosi
La diverticolosi è la
formazione di estroflessioni della parete intestinale. Le piccole sacche che si originano nella parete intestinale provocano il ristagno al loro interno di materiale digestivo, che ospita reazioni di fermentazione e sviluppo di colonie batteriche. Questo quadro genera uno stato infiammatorio, dolore e gonfiore addominale. L’aumento della pressione per la formazione di gas e l’alterazione della motilità intestinale, sono alla base della formazione dei diverticoli.

La diverticolosi è frequente nelle persone al di sopra dei 60 anni.
Il sintomo principale è il
dolore, localizzato al fianco sinistro, dovuto agli spasmi della muscolatura liscia.
I diverticoli possono infiammarsi (
diverticolite), producendo una manifestazione analoga a quella dell’appendicite e definita per questo
appendicite sinistra. La
perforazione dei diverticoli è una circostanza particolarmente grave, che porta a dispersione nella cavità addominale del contenuto intestinale e peritonite.
La diagnosi della diverticolosi si effettua con la
TAC o con l’
ecografia (nel paziente che sopporta il posizionamento della sonda sull’addome) e con
l’esame del sangue (PCR e conta alterata dei globuli bianchi confermano la presenza di un’infiammazione).
La terapia della diverticolite si basa sull’assunzione di antibiotici non riassorbibili (
rifamixina), riequilibrio della
dieta (con abolizione degli alimenti causa di fermentazione e delle bevande gassate) e adeguata
idratazione.