Indice
Domande e risposte

L’
ablazione è una
procedura mininvasiva utilizzata per il
trattamento delle aritmie cardiache, che sfrutta diverse metodiche per eliminare le cellule responsabili del battito cardiaco anomalo. Durante la sua esecuzione vengono bruciate piccole porzioni di tessuto cardiaco responsabili della generazione delle correnti che scatenano l’aritmia.
Poiché viene effettuata inserendo un
catetere (un sottile tubicino flessibile) in un vaso sanguigno periferico e conducendolo fino al
cuore, viene anche detta
ablazione transcatetere.
Cosa significa ablazione?
Il medico che la esegue introduce un
catetere nei
vasi sanguigni, facendolo scorrere fino al cuore, per neutralizzare (ablazione significa annullamento, cancellazione) i percorsi elettrici anomali che scatenano l’aritmia.
Qual è lo scopo
Permette di trattare alcuni tipi di
aritmia e ridurre la sintomatologia causata dalle anomalie del battito cardiaco, costituita da dispnea (difficoltà a respirare), stanchezza, astenia, debolezza, quando questa è invalidante e resistente alla terapia farmacologica.
Anche a causa della scarsa efficacia della
terapia farmacologica nel trattamento di alcune forme di aritmia (come la fibrillazione atriale), negli ultimi anni il numero delle procedure di ablazione al cuore è cresciuto in tutto il mondo, con durate sempre più brevi e percentuali di successo sempre maggiori (che superano il 90%).
Cosa fare in caso di ablazione
non riuscita. In caso di
insuccesso, la procedura può essere
ripetuta.
In termini più generali, l’ablazione è un intervento durante il quale vengono eliminate porzioni limitate e circoscritte di tessuto mediante l’uso del calore o di altre fonti di energia. Uno degli esempi è rappresentato dall’ablazione per l’asportazione di alcuni tipi di
tumore, un intervento mininvasivo diffusamente utilizzato in oncologia.
L’aritmia: cos’è e come viene trattata
Cos’è l’aritmia?
Per aritmia si intende un
battito cardiaco alterato (extrasistole, fibrillazione atriale)
oppure troppo rapido (
tachicardia) o troppo
lento (bradicardia) rispetto alla frequenza cardiaca fisiologica, compresa tra i 60-100 battiti al minuto.
Quali cure per l’aritmia
Questo
disturbo viene trattato in genere con una
terapia antiaritmica diretta, secondo diversi approcci, che possono essere impiegati anche contestualmente:
-
Farmaci antiaritmici: riducono il numero e la gravità degli episodi, ma non curano il problema di base; inoltre, possono non essere sufficienti a tenere sotto controllo i sintomi (dispnea, debolezza, astenia), che possono diventare invalidanti. Nel caso della fibrillazione atriale, una delle possibili forme di aritmia, i farmaci, da soli, hanno generalmente un’efficacia piuttosto limitata;
-
Cardioversione, impianto di un defibrillatore o di un pacemaker: si tratta di procedure che producono uno shock transtoracico attraverso la stimolazione elettrica, che produce una sorta di reset dell’attività del cuore;
-
Ablazione con catetere: è indicata quando l’aritmia è causata da un gruppo specifico e circoscritto di cellule con attività elettrica anomala (focus aritmogeno);
-
Intervento chirurgico.
Perché viene effettuata
Per curare determinati tipi di
aritmie (in particolare sopraventricolari), per le quali è il
trattamento di prima linea:
-
Tachicardia parossistica da rientro nodale: si tratta di una condizione frequente anche in soggetti sani, con basso rischio per conseguenze gravi ma correlata ad una bassa qualità di vita per la frequenza e la durata degli episodi o per la necessità di un trattamento farmacologico cronico;
-
Sindrome di Wolff-Parkinson-White: rispetto alla tachicardia parossistica da rientro nodale, viene coinvolta una via di conduzione aggiuntiva (il fascio di Kent);
-
Tachicardia incessante con riduzione della contrattilità cardiaca.
Oppure per il trattamento delle aritmie cardiache invalidanti associate a scompenso cardiaco, quando la terapia farmacologica si dimostra insufficiente (in questo caso è un trattamento di seconda linea) a controllare la sintomatologia o a prevenire le conseguenze gravi, come l’
arresto cardiaco, il rischio peggiore associato alla fibrillazione ventricolare.
Quali tipi di ablazione esistono

A seconda del
tipo di
energia utilizzata per eseguire la procedura, si può effettuare un’ablazione a radiofrequenza, una crioablazione, una metodica mista oppure un’ablazione basata su tecnica laser.
Il
medico concorda la
modalità più
opportuna con il paziente, in base al suo quadro clinico.
Ablazione a radiofrequenza
L’
ablazione a radiofrequenza (RF) trasforma le onde radio in calore e porta alla neutralizzazione delle correnti anomale realizzando delle micro bruciature dei tessuti. Si tratta di una sorta di elettrocauterizzazione.
Viene eseguita con
catetere trans-venoso alimentato con energia elettrica a radiofrequenza a bassa tensione e ad alta frequenza (da 300 a 750 MHz): l’energia riscalda le cellule e ne determina la necrosi. L’area trattata ha un diametro inferiore a 1 cm ed è localizzata fino a 1 cm di profondità.
Crioablazione
Viene realizzata attraverso la
crioenergia (ossia il
raffreddamento), facendo circolare una sostanza raffreddante (che può raggiungere i -70°C) all’interno del catetere, che congela e distrugge le cellule localizzate all’ingresso delle vene polmonari prevenendo la loro interferenza con il normale ritmo cardiaco. Durante il
congelamento i
tessuti distrutti rimangono
attaccati al catetere (crioadesione), un fenomeno che rende il dispositivo più stabile.
In genere viene usata come fonte energetica il ghiaccio prodotto dall’ossido nitrico.
Laserablazione
Si tratta di una
metodica di
ultima generazione basata sull’uso della tecnica laser simile, a grandi linee, alla termoablazione.
Ablazione laser della safena
L’ablazione endovascolare termica laser è una tecnica
mininvasiva che permette di
distruggere il vaso patologico dall’interno, attraverso l’energia termica emessa dalla fibra laser. Può essere praticata per il trattamento delle patologie della vena grande safena, della piccola safena o dei vasi perforanti.
La preparazione all’intervento
Nei giorni
precedenti l’intervento il chirurgo stabilisce se l’eventuale terapia farmacologica assunta dal paziente deve essere sospesa.
Prima di effettuare l’ablazione il paziente viene sottoposto ad uno
studio elettrofisiologico. Vengono inseriti tramite cateteri degli elettrodi nelle 4 camere cardiache, al fine di registrarne con precisione l’attività elettrica, in particolare a livello dell’area nella quale dovrà essere effettuata l’ablazione.
Vengono anche
eseguiti controlli specifici, in particolare nei pazienti che soffrono di diabete e malattie renali o che hanno una storia di infarto o
ictus, al fine di
minimizzare il
rischio di
complicazioni.
L’uso di speciali sistemi radiologici e di mappaggio elettromagnetico (elettroanatomico) basati sulla tecnologia GPS permette di tracciare lo spostamento dei cateteri nel cuore con una precisione di circa 1 mm e individuare con elevatissima precisione la posizione dei foci responsabili dell’aritmia. Il
mappaggio elettroanatomico del cuore viene praticato applicando sul torace e dorso del paziente dei
patch di
superficie.
Come viene eseguita l’ablazione
Dove fare l’ablazione
L’ablazione transcatetere viene realizzata in regime di
ricovero ospedaliero, o in alternativa, in un ambulatorio di
elettrofisiologia attrezzato.
Dopo avere stabilito l’
accesso più opportuno, l’operatore procede con l’
anestesia locale prima di inserire il catetere:
- L’inguine;
- La gamba;
- Il collo;
- Il braccio.
Mediante l’inserimento di un
catetere all’interno del vaso selezionato, viene raggiunto il
cuore, allo scopo di individuare il gruppo di cellule dalle quali parte il segnale alterato che scatena l’aritmia ed eliminarle. Il catetere impiegato include un sensore che rileva il segnale elettrico e che, alla sua estremità, dispone di una termocoppia.
L’intervento, qualsiasi sia la tecnica usata, provoca la necrosi delle cellule trattate e la conseguente formazione di una cicatrice costituita da tessuto non più funzionante.
La procedura prevede la
stimolazione dell’area cardiaca responsabile dell’aritmia, il
focus aritmogeno. Una volta individuata la porzione di tessuto esatta, si effettua l’ablazione vera e propria, cioè la bruciatura del miocardio.
L’ablazione è considerata efficace nel momento in cui l’aritmia
non è più
inducibile.
In quale vaso si inserisce il catetere
I siti di inserzione dei cateteri vengono scelti dall’operatore a seconda del caso specifico fra:
-
Gamba;
-
Braccio;
-
Collo (l’accesso si verifica dalla vena giugulare o dalla succlavia);
-
Ccoscia (con accesso dall’arteria o dalla vena femorale).
Quanto dura
Le ablazioni più
semplici sono quelle per le aritmie di
origine sopraventricolare (doppia via nodale, flutter atriale tipico, sindrome di WPW) e durano in genere
2 ore circa.
Gli interventi più
complessi (per trattare
fibrillazione atriale, tachicardia ventricolare, flutter atipico) possono durare invece più a lungo (fino a 5 ore).
Viene eseguita un’anestesia?
L’ablazione è una procedura
indolore, accompagnata da quello che i pazienti descrivono come un fastidio o un lieve bruciore.
Le procedure di
media durata vengono, tuttavia, poiché comportano il prolungamento di questo fastidio, effettuate in lieve sedazione.
Per quanto riguarda la
fibrillazione ventricolare, viene spesso eseguita l’
anestesia generale perché il paziente può rapidamente diventare emodinamicamente instabile a causa dell’induzione di aritmie potenzialmente fatali.
Inoltre, viene lievemente anestetizzato il sito d’accesso del catetere.
La convalescenza
Il paziente può tornare a casa dopo circa 12/24 ore dalla procedura, ma è consigliato che osservi un periodo di
immobilità (di durata variabile da caso a caso) per ridurre al minimo il rischio di complicazioni.
In fase di dimissione gli vengono fornite informazioni sui controlli che dovrà effettuare e sui tempi e le modalità di ritorno alle attività quotidiane. In genere a distanza di 2 mesi circa vengono prescritti un
elettrocardiogramma dinamico secondo Holter e una visita aritmologica con elettrocardiogramma. Per le aritmie semplici (doppia via nodale, flutter tipico, sindrome di WPW) può rendersi necessario un ulteriore controllo a distanza di un anno dalla procedura.
L’ablazione per la fibrillazione atriale
La
fibrillazione atriale può essere causata da una serie di
correnti anomale che partono dai grossi
vasi polmonari e arrivano al
cuore,
alterandone il
ritmo. Per questa ragione, in alcuni casi, si ricorre ad una procedura di ablazione definita
isolamento delle vene polmonari (o ablazione circumferenziale delle vene polmonari).
In questa forma di aritmia, lo studio
elettrofisiologico viene condotto sulla parte sinistra del cuore, all’interno dell’atrio sinistro, lungo lo sbocco delle vene polmonari, per comprendere la sede e le caratteristiche elettriche delle zone target.
In
preparazione all’intervento il paziente viene sottoposto ad un
ecocardiogramma transesofageo (TEE), allo scopo di escludere la presenza di
trombi all’interno del cuore e delle coronarie. Questa rappresenterebbe infatti una controindicazione assoluta alla procedura ablativa.
Alla dimissione, viene eseguito abitualmente un ecocardiogramma transtoracico.
In altri casi, quando la fibrillazione atriale è associata ad una
elevata risposta ventricolare, in particolare quando il paziente soffre di
cardiomiopatia ischemica l’ablazione viene eseguita sul nodo atrioventricolare (il sistema di cellule che genera e conduce l’impulso elettrico ai ventricoli), che viene ablato dopo essere stato sostituito dall’impianto di un pacemaker permanente.
Ablazione e cardioversione. In alcune forme di fibrillazione atriale viene consigliata la
cardioversione, ossia un intervento nel quale l’attività elettrica del cuore viene resettata tramite l’applicazione transtoracica di una
scarica di
corrente. La cardioversione può anche essere di tipo
farmacologico.
Ablazione per la sindrome di Brugada
La
sindrome di Brugada (BrS) è una malattia genetica che esordisce prevalentemente negli uomini fra i 30 e i 40 anni in assenza di cardiopatie strutturali evidenti ma correlata ad un rischio aumentato di morte improvvisa, senza alcun segno premonitore, dovuta ad aritmie ventricolari maligne (tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare).
Ablazione o defibrillatore. In generale, può essere trattata mediante l’impianto di un
defibrillatore, un dispositivo medico che rilascia una scarica di corrente elettrica in grado di resettare la conduzione e impedire l’arresto cardiaco. Ma non sempre questo trattamento funziona e la qualità di vita dei pazienti potrebbe comunque
non essere
tutelata.
Per questa ragione, in determinate circostanze viene
consigliata l’ablazione di un gruppo di cellule localizzate sulla
superficie esterna del cuore (epicardio) che esprimono un’attività elettrica anomala, le cosiddette cellule del substrato. Questa pratica viene anche definita
ablazione epicardica.
Ablazione per le BEV
BEV è l’acronimo che indica le
extrasistoli ventricolari o battiti prematuri ventricolari, una forma di aritmia che talora viene definita
bigeminismo.
Possono richiedere un trattamento farmacologico e, in determinate circostanze, un intervento di ablazione per la risoluzione definitiva.
Ablazione ibrida
Alcune forme di aritmia
persistenti o di lunga durata possono
non essere
sensibili all’ablazione tradizionale, in particolare se i foci aritmogeni si trovano sulla superficie esterna degli atri e non possono essere raggiunti con questa procedura.
In questi casi si procede con l’
ablazione ibrida, che prevede la combinazione di
due interventi, diretti rispettivamente alle:
- Zone esterne;
- Zone interne del cuore.
Che vengono realizzati di solito in due momenti distinti.
Ablazione nei bambini
L’aritmia più diffusa nei
bambini, la
tachicardia da
rientro nodale, può essere trattata efficacemente e in maniera sicura, come testimonia anche uno studio condotto presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e recentemente pubblicato sulla rivista Eurospace, con l’ablazione.
Come avviene nell’adulto, per risolvere questa condizione vengono
impiegate l’ablazione con radiofrequenza o la crioablazione.
Per la terapia di alcune forme di epilessia dovute ad amartoma ipotalamico dei pazienti in età pediatrica sono state realizzate procedure di
termoablazione laser stereotassica guidata da risonanza magnetica. La metodica consiste in un intervento chirurgico mininvasivo durante il quale viene praticato un microforo sulla scatola cranica attraverso il quale viene impiantata nell'amartoma una
sonda laser, necessaria ad eseguire la termoablazione.
La procedura permette di agire con precisione solo sulla lesione rispettando l’
integrità delle strutture cerebrali circostanti.
Quali sono i rischi
L’ablazione è una procedura
relativamente sicura anche se complessa e che richiede una buona preparazione dell’operatore.
I rischi gravi hanno una frequenza inferiore all’1% (che sale al 5% se si considerano anche le complicanze di grado lieve e moderato) se questa viene eseguita in un centro specializzato da professionisti con una buona esperienza. La
mortalità è
inferiore a
un paziente su 2.000 per le procedure di ablazione non complessa e può arrivare a uno su 500 per le procedure di isolamento della vena polmonare nei casi di fibrillazione atriale o di ablazione del substrato della tachicardia ventricolare.
Alcune delle
conseguenze associate alla pratica sono legate alle
varianti anatomiche cui può essere soggetto il cuore, che di per sé non rappresentano una malattia, ma che possono aumentare il rischio di un errore nella procedura.
La presenza di patologie quali il
diabete e le
malattie renali, così come precedenti
ictus o
infarti, può aumentare (anche se non significativamente) il rischio del paziente di andare incontro a complicanze durante la procedura di ablazione. Questa è la ragione per cui vengono eseguiti
controlli prima dell’intervento.
Prima che si sottoponga alla procedura, al paziente viene fatto leggere e sottoscrivere il Consenso Informato, nel quale sono
riportate anche le
percentuali di
rischio.
Possibili complicanze dovute alla procedura
I principali
rischi associati alla procedura sono rappresentati da:
-
Tamponamento pericardico (1%): accumulo di sangue intorno al cuore, che ne compromette il riempimento e quindi riduce la gittata;
-
Perforazione miocardica;
-
Restringimento (stenosi o occlusione) del calibro delle vene polmonari;
-
Puntura del vaso in cui viene eseguito l’accesso: questa evenienza richiede un intervento di riparazione della lesione; si tratta della complicanza più frequente, ma anche di più semplice soluzione;
-
Danno valvolare;
-
Ablazione non desiderata del nodo atrioventricolare: in questi casi, rarissimi, è necessario l’impianto di un pacemaker che si sostituisca alle cellule del nodo atrioventricolare nella generazione di impulsi elettrici;
- Fistola atrio-esofagea;
-
Lesione del nervo frenico: alcune procedure eseguite per il trattamento della fibrillazione atriale possono comportare il rischio di lesione del nervo frenico, che ha origine dalle vertebre cervicali e contribuisce a innervare il muscolo diaframma;
-
Fibrillazione ventricolare o induzione di nuove aritmie per anomalie della cicatrizzazione.
Possibili complicanze dovute all’accesso
In base al tipo di
accesso scelto per l’inserzione del catetere si possono avere:
-
Ictus o altro embolismo: per prevenire queste conseguenze viene effettuata una prevenzione tramite la somministrazione di anticoagulanti prima e durante la procedura;
- Dissezione del vaso;
-
Emorragia;
-
Ematoma;
-
Lesione del plesso nervoso locale;
-
Pneumotorace.
Ablazione a radiofrequenza per il neuroma di Morton
Il
neuroma di Morton è una patologia che interessa generalmente il 3° nervo. È caratterizzata dalla comparsa di un ispessimento fibroso che si forma intorno al nervo, proliferazione di vasi sanguigni nell’area e
rigonfiamento del nervo stesso (edema) e correlata a dolore intenso e cronico.
L’ablazione con radiofrequenza è una procedura incruenta che viene proposta quando il trattamento conservativo non è efficace e che può essere ripetuta nel caso in cui la malattia si ripresenti, un’evenienza piuttosto
frequente.
La tecnica, che si basa sull’uso della radiofrequenza pulsata, agisce desensibilizzando il neuroma mediante l’uso di un elettrodo sotto guida ecografica, ad una temperatura di 42°C, non lesiva per il nervo e quindi in maniera
sicura.
Ablazione a radiofrequenza vertebrale
Questa metodica, anche definita neurolisi con
radiofrequenza, viene utilizzata per dare
sollievo al dolore cronico di origine nervosa:
mal di schiena, dolore cervicale, da
artrosi, articolare (ginocchio, anca, spalla, mano, piede) o neuropatico.
L’energia elettrica prodotta dalle onde radio agisce
inattivando parzialmente la capacità del nervo di trasmettere il segnale.
Ablazione al fegato
La termoablazione percutanea dei
tumori del fegato si basa sull'uso del calore generato dalle radiofrequenze o dalle microonde per uccidere le
cellule neoplastiche. La massa viene raggiunta inserendo appositi elettrodi e monitorandone il percorso mediante
ecografia.
Tramite questa metodica, in determinate circostanze, possono essere
rimosse anche le
metastasi al
fegato.
Ablazione dell’amigdala
La rimozione di alcune popolazioni cellulari dell’
amigdala, un’area del cervello correlata alla percezione delle emozioni, è citata in letteratura scientifica in relazione al trattamento di alcune forme di
epilessia.
Ablazione endometriale
L'
ablazione endometriale è un
intervento chirurgico ginecologico, che consiste nell’asportazione dello strato di tessuto interno della cavità uterina, l’endometrio, fisiologicamente coinvolto nello sfaldamento durante la mestruazione. Viene raccomandato in alcune forme di eccessivo sanguinamento mestruale, mestruazioni troppo abbondanti e/o correlate ad anemia dovuta alla perdita patologica di sangue, nel caso in cui il trattamento farmacologico non si sia rivelato efficace.
L’ablazione viene realizzata con tecniche di rimozione come la resezione endometriale, che permette anche un
esame istologico del tessuto asportato, o tecniche distruttive come la
vaporizzazione e la
coagulazione.
Ablazione laser fetoscopica
Si tratta di un
intervento chirurgico effettuato nel corso di una
gravidanza gemellare ed eseguito in anestesia locale o loco regionale materna.
Prevede l’introduzione di un
fetoscopio (uno strumento ottico) all’interno della cavità uterina e la coagulazione con fibra laser dei vasi che favoriscono un afflusso di sangue maggiore a uno dei due gemelli.
Lo scopo dell’intervento è quello di ristabilire l’
equilibrio nell’afflusso di sangue fra i due feti.
Ablazione laser della tiroide
Recentemente questa
metodica è stata introdotta in
endocrinologia per la riduzione della dimensione dei noduli tiroidei. La bruciatura del tessuto del nodulo viene praticata utilizzando il
calore (termoablazione tiroidea) oppure la
luce laser.
Ablazione laser della prostata
Si tratta di una metodica messa a punto negli USA che sfrutta la tecnica laser per vaporizzare con precisione il tessuto eccedente nell’
ipertrofia prostatica.
L’intervento di chirurgia mininvasiva viene eseguito per via endoscopica transuretrale tramite l’uso di un cistoscopio, in anestesia spinale.
Per
risolvere il
problema della ritenzione urinaria dovuta all’
ipertrofia della prostata, viene invece praticata la termoablazione transperineale, che prevede l’uso di una luce laser per la rimozione dell'ostacolo che impedisce lo svuotamento della vescica.
Ablazione delle faccette articolari
Si tratta di una procedura di
chirurgia mininvasiva a bassa complessità impiegata in
terapia del
dolore ed eseguita in anestesia locale per la cura della
sindrome delle faccette articolari, ossia la degenerazione artrosica delle superfici articolari delle vertebre.
Ablazione del tartaro
Si tratta di una procedura di
igiene dentale comunemente impiegata per la
rimozione del
tartaro (detartrasi) dalla superficie dei
denti, che viene realizzata nello studio del dentista. La deposizione di tartaro sui denti può, nel lungo periodo, causare recessione gengivale e
compromettere la salute del parodonto, il tessuto di sostegno dei
denti.