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Per conoscere cause, sintomi, diagnosi e terapia della Malattia di Fabry, consulta il contenuto dedicato:
Le manifestazioni cardiache della Malattia di Fabry
La Malattia di Fabry determina
implicazioni cardiache poco specifiche, anche quando gravi, che raramente portano a sospettarla, perché asintomatiche o associate ad una sintomatologia lieve, sfumata, condivisa anche da altri disturbi.
Le ripercussioni sul cuore compaiono nella maggior parte dei pazienti, sia di sesso maschile che femminile, e rappresentano una causa importante di morbilità e mortalità. Il 2,7% degli uomini e l’1,5% delle donne va incontro a
infarto miocardico acuto. Inoltre, la
miocardiopatia, insieme alla
nefropatia, è la prima causa di morte per Malattia di Fabry.
In alcuni rari casi questa patologia coinvolge esclusivamente il cuore: si tratta della
variante cardiaca della Malattia di Fabry.
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La Malattia di Fabry e il cuore
L’accumulo di
sfingolipidi danneggia le
cellule del muscolo cardiaco (miocardio): quelle perdute vengono sostituite da tessuto fibroso. La cicatrice ispessisce le strutture anatomiche che costituiscono il cuore (ipertrofia cardiaca), in maniera del tutto simile ad una cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva dovuta ad altre cause.
Il cuore si ingrossa progressivamente (
cardiomegalia), di pari passo con la compromissione della sua funzionalità: si instaura così uno stato di
insufficienza cardiaca, in conseguenza del quale i tessuti periferici non ricevono sangue in quantità sufficiente alla loro sopravvivenza.
L’
ispessimento interessa anche le valvole cardiache, che possono perdere tenuta (
insufficienza valvolare) e lasciare refluire rivoli che alterano il flusso del sangue.
Spesso la malattia intacca anche il tessuto di conduzione del cuore, causando una trasmissione anomala degli impulsi elettrici che regolano il battito (
aritmia). Le più pericolose complicanze di questa alterazione sono la
fibrillazione atriale e la
fibrillazione ventricolare.
Il coinvolgimento delle coronarie può determinare
ischemia, scatenando episodi di angina, con il caratteristico dolore toracico ad essa associato.
Quali sono i sintomi?
A causa dell’
insufficienza cardiaca, gli organi periferici non vengono riforniti a sufficienza di nutrimento e ossigeno, una condizione che causa, nel paziente, una sensazione di
stanchezza estrema, di debolezza assoluta. Nel tentativo di ripristinare un afflusso normale, il corpo
aumenta la frequenza respiratoria, producendo un respiro affannoso, a volte presente anche a riposo o a seguito di sforzi minimi.
Il lavoro insufficiente del cuore
penalizza anche il drenaggio dei liquidi, che si accumulano nei tessuti degli arti inferiori, causando
gonfiori diffusi (edemi).
Gli episodi anginosi sono responsabili del
dolore toracico, che tende a peggiorare dopo i pasti.
La diagnosi della cardiopatia da Malattia di Fabry
La diagnosi delle complicanze cardiache di questa patologia avviene generalmente per caso, nel corso di uno
screening o per una
visita di idoneità sportiva. Il sospetto sorge quando gli esami evidenziano un’ipertrofia cardiaca non accompagnata da
ipertensione o alterazioni valvolari: in questo caso devono essere ricercati gli altri segni della malattia ed escluse altre patologie che comportano manifestazioni analoghe.
L’
ecocardiogramma è la procedura diagnostica di prima scelta per la valutazione, anche precoce, della cardiomiopatia da Malattia di Fabry. La conferma della diagnosi giunge con il test di
dosaggio enzimatico, nei maschi, e con il
test genetico, nelle femmine.
Quali farmaci per la cardiopatia?
Il trattamento delle manifestazioni cardiache ha l’obiettivo non solo di
migliorare i sintomi e la qualità di vita dei pazienti, ma anche di ridurre il rischio di complicanze gravi quali l’ischemia e la fibrillazione atriale e ventricolare.
Gli interventi specifici devono in ogni caso aggiungersi alla
terapia enzimatica sostitutiva, che, riducendo i depositi lisosomiali, migliora il quadro cardiaco. Per prevenire il peggioramento dell’
ipertrofia miocardica vengono impiegati
farmaci ACE-inibitori e sartani. Fra gli antiaritmici usati, il primo fra tutti è l’
amiodarone, che, per via della sua correlazione con reazioni avverse potenzialmente gravi, deve essere prescritto con cautela.
In alcuni casi, può essere indicato l’impianto di un
pace-maker, un dispositivo medico che ripristina la corretta conduzione elettrica nel cuore.
La nefropatia da Malattia di Fabry
L’esordio della nefropatia avviene in età giovanile, anche pediatrica, con la comparsa dell’
albuminuria (presenza di albumina nelle urine) e della
proteinuria (presenza di proteine nelle urine).
Se non trattata adeguatamente, la proteinuria può causare una
compromissione dell’attività dei reni (disfunzione renale) di vario grado, che, raggiunta una certa gravità, può evolvere in insufficienza renale cronica. Ciò avviene precocemente, già fra i 30 e i 40 anni.
Quando i
reni non riescono più a svolgere correttamente le funzioni di depurazione del sangue e di mantenimento del corretto equilibrio idrico e salino, si rendono indispensabili trattamenti come la
dialisi o il
trapianto.
Sebbene in passato si ritenesse che il rischio di nefropatia fosse esclusivamente maschile, i dati più recenti suggeriscono di monitorare la funzione renale anche nelle donne.
La Malattia di Fabry e i reni
Come accade nel resto del corpo, è l’accumulo di glicosfingolipidi nelle cellule locali a causare il
danno renale. Le lesioni si concentrano soprattutto a livello dei
podociti, le cellule del glomerulo renale che regolano la corretta attività di filtrazione dei reni.
In conseguenza di queste alterazioni, la funzione di depurazione è compromessa.
Recenti studi hanno dimostrato che i
depositi lisosomiali sono presenti già in età pediatrica, quando non addirittura
in utero, prima che insorga la albuminuria.
Come si riconosce la nefropatia da Malattia di Fabry
Per la valutazione della nefropatia vengono eseguiti l’
esame delle urine e del sedimento e la valutazione degli indicatori della funzione di
filtrazione glomerulare dei reni. Questi test, che devono essere ripetuti nel tempo per monitorare il decorso della malattia, evidenziano l’albuminuria e la proteinuria, provocate dall’insufficiente attività di filtraggio dell’organo.
È fondamentale tenere sotto controllo l’evoluzione della proteinuria, in particolare, perché questa rappresenta un importante fattore prognostico per la progressione della nefropatia e per la risposta alla
terapia enzimatica sostitutiva.
Poiché i depositi di glicosfingolipidi possono essere presenti anche prima che compaia l’albuminuria, l’unico esame in grado di definire l’estensione e l’entità del danno renale è la biopsia.
Come si manifesta
L’esordio della nefropatia avviene in
età pediatrica, con la comparsa dell’albuminuria e della proteinuria. Quest’ultima provoca l’
escrezione di urina schiumosa e la
formazione di edemi, che si manifestano come gonfiori concentrati soprattutto a livello di mani, piedi e caviglie, e nei casi più gravi possono interessare anche il viso e l’addome (ascite).
In assenza di una diagnosi e di un trattamento opportuno, la condizione evolve verso la
disfunzione renale, che può compromettere a diversi livelli la funzione d’organo.
I casi più gravi di disfunzione renale possono degenerare in
insufficienza renale cronica, anche precocemente,
fra i 30 e i 40 anni. Questa condizione è associata ad una riduzione drammatica della capacità del rene di depurare il sangue ed è quindi responsabile della ritenzione di sostanze tossiche per l’organismo.
Oltre a determinare la comparsa di
gonfiori, l’insufficienza renale si manifesta con sintomi quali la
stanchezza e il
malessere generali,
crampi muscolari (specialmente notturni),
prurito,
nausea e
vomito,
perdita di peso, aumento o riduzione significativa della frequenza della minzione. L’ipertensione non è un sintomo caratteristico della malattia, anche se presente in molti pazienti.
Più sfumati negli adulti, nei bambini i sintomi innescati da questa condizione sono piuttosto specifici, come il
rallentamento della crescita, l’
inappetenza e il susseguirsi di
disturbi gastrointestinali.
Nefropatia da Malattia di Fabry: cosa fare
L’osservazione dei pazienti ha dimostrato che il
riconoscimento precoce dei segni della compromissione glomerulare e l’istituzione tempestiva del trattamento farmacologico permettono di ridurre il rischio di danno renale. La comunità scientifica è ormai concorde sulla necessità di avviare la
terapia enzimatica anche nei pazienti pediatrici, alla comparsa delle prime manifestazioni della malattia (tipicamente il dolore neuropatico) e di modularla in base alla risposta ottenuta.
La somministrazione dell’enzima ricombinante può non solo migliorare le manifestazioni della nefropatia, per esempio attraverso la
riduzione dei depositi di glicosfingolipidi nelle cellule renali, ma anche rallentarne la progressione.
La terapia enzimatica sostitutiva, tuttavia, non è in grado di ridurre da sola significativamente la proteinuria. Per questa ragione, viene prescritta in combinazione con altri farmaci (come gli
ACE-inibitori o gli
antagonisti dell’angiotensina), in uno schema terapeutico che rallenta anche la progressione della malattia.
I danni neurologici associati alla Malattia di Fabry
I disturbi neurologici causati da questa patologia possono essere ad una prima osservazione classificati come
manifestazioni precoci (le più importanti sono le
neuropatie dolorose) e tardive (come le complicanze cerebrovascolari, che includono l’
ictus).
Il dolore neuropatico è dovuto al coinvolgimento delle fibre di piccolo calibro dei
nervi periferici, che conducono il segnale della sensibilità termica e del dolore, controllano gli organi viscerali e le funzioni cardiorespiratorie.
L’accumulo dei glicolipidi nella parete delle
arterie di piccolo e grande diametro è responsabile della sua alterazione, alla base (con una serie di altri fattori come il
fumo, il diabete e l’ipertensione) di
micro-ischemie del tessuto cerebrale. Le stesse complicanze cardiache della malattia possono generare ripercussioni neurologiche.
I disturbi cerebrovascolari più severi interessano oltre il 20-25% dei pazienti, di entrambi i sessi, e possono causarne la morte prematura. Si manifestano generalmente intorno ai 30 anni negli uomini e intorno ai 50 nelle donne.
Neuropatie dolorose

Il
dolore neuropatico insorge molto presto nei pazienti affetti dalla Malattia di Fabry, già in età pediatrica, in alcuni bambini anche
prima dei 3 anni.
Queste neuropatie si manifestano con crisi di
dolore descritto come
bruciante (urente, secondo la terminologia medica), di intensità e durata variabile (da alcuni minuti a diversi giorni), che interessa le estremità degli arti superiori e inferiori, con maggiore coinvolgimento del
palmo della mano e della pianta dei piedi.
A causa della localizzazione, le neuropatie dolorose sono anche definite
acroparestesie dolorose, ma questa terminologia è impropria, perché le parestesie (
intorpidimento, sensazione come di punture di spilli) sono presenti di fatto solo nel 10% dei casi.
L’interessamento delle piccole fibre nervose provoca anche alterazioni dei meccanismi di
regolazione della temperatura corporea, che determinano accessi febbrili, intolleranza al caldo o al freddo, riduzione o abolizione della sudorazione. Le
escursioni termiche e l’innalzamento della temperatura corporea dovuto all’esercizio fisico rappresentano dei
triggers per il dolore neuropatico.
Il coinvolgimento delle piccole fibre nervose della parete intestinale provoca
dolore addominale,
diarrea o, più raramente, stipsi.
Il dolore neuropatico è molto frequente nei pazienti con Malattia di Fabry, anche nei
maschi con la forma classica e in molte
donne ed è invece quasi sempre assente nei maschi con la variante late-onset. Soprattutto nelle donne, questo sintomo può attenuarsi nel tempo. Tuttavia, nei casi più gravi, penalizza drasticamente la qualità di vita dei pazienti.
Come si riconosce il dolore neuropatico da Malattia di Fabry
Nella gran parte dei casi i pazienti accedono al consulto neurologico non come primo step, ma a seguito della comparsa delle
manifestazioni renali o cardiache della patologia.
Generalmente è il
dolore alle dita, che i pediatri interpretano come un segno di
alterazione reumatologica, a dare il via ad una serie di approfondimenti lunghi ed inefficaci.
Anche gli esami prescritti sono quasi sempre inappropriati. La neuropatia delle piccole fibre è compatibile con un esame obiettivo negativo, con riflessi osteo-tendinei e prove di sensibilità tattile nei range di riferimento. Inoltre, il ricorso all’
elettromiografia, frequente in questi casi, non fornisce una risposta corretta, perché anche questo esame
risulta nella norma.
Il coinvolgimento neurologico della Malattia di Fabry può essere valutato solo con un test definito
potenziali evocati al laser, che implica la stimolazione delle terminazioni nervose cutanee tramite la somministrazione di impulsi laser.
La
biopsia cutanea, che permette lo studio delle fibre nervose di piccolo calibro intraepidermiche, evidenzia le alterazioni, confermando così la diagnosi clinica.
L’unico modo per prevenire danni irreversibili, anche sotto il profilo neurologico, è la
diagnosi precoce, che deve portare all’istituzione della terapia enzimatica sostitutiva quando il paziente è ancora asintomatico. Questo è possibile solo con lo
screening neonatale, che viene eseguito a pochi giorni dalla nascita.
Quali farmaci per il dolore neuropatico da Malattia di Fabry?
La neuropatia dolorosa può essere discretamente controllata con le terapie impiegate per il trattamento del
dolore neuropatico in genere (
paracetamolo, carbamazepina, gabapentin, pregabalin). Nelle crisi acute può rendersi necessario l’uso di
analgesici oppioidi.
Questi farmaci sono diretti verso il sintomo della neuropatia, il dolore, ma
non modificano l’evoluzione del danno neurologico.
La terapia enzimatica sostitutiva migliora, in genere, questa sintomatologia dolorosa, anche se il meccanismo con cui sembra promuovere questo effetto non è del tutto chiaro.
Le complicanze cerebrovascolari della Malattia di Fabry
Inizialmente asintomatiche e visibili solo attraverso procedure di
imaging neuroradiologico come la
risonanza magnetica, le
alterazioni cerebrovascolari possono dare luogo a diverse complicanze.
La più rischiosa è rappresentata dall’
ictus ischemico, che può comparire inizialmente nei maschi di età compresa fra i 30 ed i 40 anni e nelle femmine intorno ai 40-60. Spesso è seguito da un discreto recupero funzionale.
Si possono anche osservare quadri molto complessi, di
encefalopatia lacunare o
leucoencefalopatia multifocale. Queste condizioni, che interessano vasi di calibro maggiore, rimangono asintomatiche per molti anni, anche decenni, per poi manifestarsi con attacchi ischemici o veri e propri ictus.
Meno frequenti le forme
simil-sclerosi multipla, che interessano soggetti molto giovani (intorno ai 20-30 anni) di entrambi i sessi. Queste forme sono progressive e molto debilitanti.
Le persone con compromissione cardiaca dovuta alla Malattia di Fabry, in particolare se con
fibrillazione atriale e se l’esordio dei sintomi è avvenuto prima dei 60 anni, sono a rischio per embolia cerebrale cardiogena.
Quali farmaci per le complicanze cerebrovascolari
L’encefalopatia microvascolare viene trattata, anche nei pazienti con Malattia di Fabry, con i farmaci tradizionalmente in uso:
antiaggreganti (come l’aspirina),
antitrombotici (come le statine),
anticoagulanti orali ed endotelioprotettivi.
L’ictus può verificarsi più volte, anche nei soggetti che assumono la
terapia enzimatica sostitutiva, se già sintomatici all’istituzione del trattamento.
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