Indice
I
Coronavirus sono una
famiglia di virus che attaccano l’apparato respiratorio identificati per la prima volta negli
anni ’60. Sono responsabili di malattie caratterizzate da diverso livello di gravità: da comuni forme di
raffreddore a sindromi respiratorie complesse.
Sono virus a
RNA: questo significa che il loro patrimonio genetico è costituito esclusivamente da
una o più molecole di RNA. Fanno parte di questa categoria anche i virus che causano l’
influenza stagionale.
Il nome Coronavirus deriva dalle caratteristiche
punte (che sono strutture proteiche definite
peplomeri)
a forma di corona presenti sulla superficie di questi virus.
Attraverso i peplomeri i Coronavirus
si attaccano alla cellula bersaglio, penetrando al suo interno (
infezione) e rilasciandovi il proprio
codice genetico. Questo determina un’
alterazione del comportamento fisiologico della cellula stessa, i cui organelli diventano strumenti per la sopravvivenza e la replicazione virale. Il virus si replica all’interno di essa e ne rompe la membrana esterna (lisi), liberando nuovi virus (virioni), che si diffondono nell’organismo.

I Coronavirus in grado di contagiare l’uomo sono
sette, ma le malattie che trasmettono sono per lo più
lievi infezioni dell’apparato respiratorio.
Si tratta di
virus comuni a molti animali, fra cui cammelli, pipistrelli e serpenti e che hanno già in passato dimostrato di poter fare il salto verso l’uomo. Quando una malattia veterinaria arriva all’uomo viene definita
zoonosi.
Nel 2002 un virus appartenente alla stessa famiglia ha generato un’epidemia con sintomi respiratori, la
SARS.
Il
nuovo coronavirus (2019-nCoV), attualmente responsabile di un’epidemia che ha avuto origine in Cina i primi giorni del
dicembre 2019, ha prodotto il primo caso presso il
mercato comune di Wuhan, città situata a 800 chilometri circa da Pechino.
Attualmente, il virus si è diffuso a
oltre 20 Paesi nel mondo.
Malgrado la
relativa analogia nel patrimonio genetico, il coronavirus della SARS e quello della recente epidemia si discostano sotto vari aspetti. Di seguito, una panoramica che illustra alcune caratteristiche comuni e le principali differenze.
Caratterizzazione del virus
I Coronavirus responsabili di infezioni nell’uomo conosciuti finora appartengono a
sette sierotipi:
- 229E coronavirus alpha, OC43 coronavirus beta, NL63 coronavirus alpha e HUK1 coronavirus sono responsabili del raffreddore comune;
- MERS-CoV beta è responsabile della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, Sindrome Respiratoria Mediorientale), che si diffonde a partire dal 2012; la MERS è stata individuata per la prima volta dal virologo egiziano Ali Mohamed Zaki in Arabia Saudita e, ad oggi, non ancora debellata;
-
SARS-CoV beta è responsabile della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome, Sindrome Respiratoria Acuta Grave), diffusasi in Cina nel 2002 e ad oggi debellata (solo come malattia, non come patogeno);
-
2019-nCoV beta è responsabile della nuova epidemia: una somiglianza anche strutturale fra il virus della SARS e quello della recente pandemia, che condividono notevoli analogie nel patrimonio genetico.
La mortalità
Il
tasso di mortalità (o letalità) è il rapporto fra il numero dei
decessi avvenuti a causa di una determinata malattia (in un periodo di tempo specificato) e il
numero dei casi diagnosticati per la stessa malattia (nello stesso intervallo di tempo) moltiplicato
per 100. Il tasso di mortalità è considerato il più attendibile degli indicatori epidemiologici.
La
SARS ha manifestato una
mortalità del 7%: questo significa che su 100 persone diagnosticate ne sono morte 7. Un tasso superato di gran lunga con la
MERS, che ha ucciso 34 persone su 100 diagnosticate (tasso di mortalità pari a
34%).
Il numero dei morti provocati dalla SARS è pari a 801 (dati Istituto Superiore di Sanità).
Consulta i centri che hanno dichiarato di essere specializzati in Virologia:
Centri specializzati in Virologia
I casi di sars in italia
Nel caso della
SARS i pazienti sul territorio italiano furono
quattro: due uomini italiani (di 36 e 25 anni) che tornavano da viaggi in Asia, un uomo cinese di 25 anni appena rientrato da Hong Kong e una donna italo-cinese di 54 anni tornata da Pechino.
Guarirono tutti. Ci fu un solo caso sospetto di decesso da SARS, a Napoli: un paziente affetto da un’infezione respiratoria che fu in seguito diagnosticata come una polmonite batterica.
Purtroppo, la SARS fece una vittima illustre fra i nostri connazionali:
Carlo Urbani,
microbiologo marchigiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, morì a Bangkok contagiato dal virus che stava studiando. Fu lui a
identificare per primo l’agente patogeno: il suo decesso si verificò a 46 anni a causa delle complicazioni dell’infezione.
Contagiosità elevata per il nuovo coronavirus

In epidemiologia si definisce la
rapidità di diffusione di un’infezione tramite un indicatore definito
R0 (R naught). Se ogni persona ne contagia un’altra R0 è uguale a 1; se ne contagia più di una il suo valore è maggiore di 1.
Il nuovo coronavirus è caratterizzato da un’
evoluzione più rapida della SARS. Il suo tasso di diffusione, stimato dall’Imperial College di Londra, è pari a 2,6. Si tratta di un valore elevato: significa che,
per ogni persona che si ammala, se ne infettano altre 2,6. Ma non paragonabile a patologie quali
morbillo e varicella (per le quali R0 va da 12 a 15). Inoltre, e questo è un ulteriore elemento rassicurante, è stato osservato che serve una vicinanza ravvicinata per determinare il contagio.
Il confronto con la
SARS, che ha invece un
R0 pari a 2,0, dimostra che il 2019-nCoV ha una rapidità di diffusione più elevata. Dal novembre 2002 al novembre 2003 la SARS si è diffusa in 29 Paesi, colpendo oltre 8.000 persone.
Per quanto riguarda il
2019-nCoV, il primo caso diagnosticato risale al 1 dicembre 2019. Da allora
ha già superato la SARS per numero di casi provocati.
Dal confronto fra incidenza e mortalità di SARS e nuovo coronavirus possiamo dunque dedurre che
2019-nCoV è più contagioso, ma meno aggressivo. Tuttavia, i coronavirus hanno già dimostrato la loro
abilità nel mutare. Nuove mutazioni potrebbero portare a una maggiore contagiosità.
Qualche scostamento nei periodi di incubazione
Il
periodo di incubazione è l’
intervallo di tempo che intercorre fra l’infezione (definita dal momento in cui il virus entra nelle cellule dell’organismo) e la
comparsa dei sintomi.
Per quanto riguarda la
SARS il periodo di incubazione varia
da 3 a 7 giorni. Per l’infezione da
2019-nCoV è ritenuto variabile
da 7 a 14 giorni. Si tratta di una malattia per la quale gli studi sono ancora in una fase precoce e per cui
i dati certi disponibili sono relativamente pochi. È dunque corretto che le istituzioni non si sbilancino nel pubblicare informazioni che non sono state preventivamente verificate dalla comunità scientifica.
La procedura per la prevenzione del contagio da nuovo coronavirus prevede una
quarantena, ossia una permanenza delle persone interessate presso una struttura di isolamento per un periodo di
14 giorni, corrispondente alla
durata massima stimata del periodo di incubazione.
La quarantena
protegge le persone che ne sono soggette (perché ne monitora le eventuali evoluzioni verso la malattia) e la
salute pubblica (perché permette di
isolare possibili casi, tutelando i soggetti sani dal contagio).
Progressi nel crisis management

Nel caso della
SARS, il primo caso fu quello di un
allevatore cinese. Colpito da
sintomi respiratori, fu ricoverato in seguito ad un deterioramento delle condizioni cliniche e morì pochi giorni dopo senza che i medici potessero formulare una diagnosi completa.
I casi di infezione respiratoria sospetta si moltiplicarono nel periodo immediatamente seguente. Ma, malgrado la preoccupazione dei medici, la
comunicazione dell’emergenza e la
notifica dei casi di nuova infezione all’OMS avvenne con grave
ritardo. Durante questo periodo di latenza, l’infezione ebbe tempo e possibilità di
propagarsi.
Non è stato così per l’infezione da nuovo coronavirus, la cui notizia ha rapidamente fatto il giro del mondo. Dopo i primi malati diagnosticati negli ultimi giorni del 2019 a Wuhan con i segni di quella che appariva essere un’infezione nuova, i casi sono stati notificati all’OMS. La
diffusione delle informazioni relative all’epidemia è stata
richiesta espressamente anche dal Presidente cinese Xi Jinping. Il Governo ha imposto alle
amministrazioni locali collaborazione in tal senso:
“Chiunque ritardi o nasconda deliberatamente informazioni sui contagi per proprio interesse personale sarà inchiodato al muro della vergogna per sempre”.
La notifica dei primi casi e la comunicazione dei dati sui primi pazienti hanno permesso di
mettere rapidamente in atto tutte le misure di prevenzione contro le pandemie previste in questi casi.
In pochi giorni è stato possibile (anche grazie alle
nuove tecnologie) studiare il nuovo coronavirus, a partire da
campioni prelevati da pazienti. In Italia, il suo
isolamento è stato prontamente effettuato all’
INMI Spallanzani da una
équipe di virologhe con la quale si è congratulato il
Ministro della Sanità Roberto Speranza.
L’isolamento del virus renderà possibile comprendere come l’agente patogeno si comporta al fine di
trovare soluzioni preventive (vaccino)
e terapeutiche.
Dichiarata l’emergenza sanitaria globale
Il
9 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso nota l’esistenza di un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo: il 2019-nCoV. La stessa OMS ha dichiarato l’
emergenza sanitaria globale (
Public Health Emergency for International Concern) il
30 gennaio. Il provvedimento non deve, al contrario di quanto da molti creduto, allarmare. Si tratta di uno strumento che
permette la messa in atto delle procedure atte a contenere la diffusione dell’epidemia a livello internazionale. La globalità dell'emergenza pubblica rende infatti necessarie disposizioni internazionali, che agiscano in maniera integrata sulla diffusione del patogeno e sulla protezione della popolazione.
L’emergenza sanitaria globale
non fu dichiarata in occasione dell’epidemia di SARS, perché non erano ancora state istituite le norme di International Health Regulation (IHR), redatte nel 2005. Il provvedimento non venne preso per la MERS, ma fu adottato per influenza suina,
poliomielite, ebola e
Zika.
Lo stato di emergenza sanitaria globale non deve suggestionare. I comportamenti dettati dall’irrazionalità, dalla paura illogica peggiorano la situazione. In questi casi, la soluzione migliore è quella di
informarsi presso siti accreditati e seguire i consigli degli esperti.
Differenti le aree di origine
Pur essendo originate entrambe in Cina, la
SARS, riconosciuta come la
prima minaccia globale del XI secolo, comparve per la prima volta nella provincia di
Guandong negli ultimi mesi del 2002. Da lì, giunse ad
Hong Kong e successivamente ad
Hanoi.
Il nuovo coronavirus è partito da
Wuhan, metropoli nella Cina centrale con 11 milioni di abitanti. E da lì a
Bangkok, Tokyo e Seul.
La questione del contagio senza sintomi
Uno degli aspetti che ha contribuito maggiormente a scatenare la psicosi da nuovo coronavirus è quello della
possibilità di contagio in assenza di sintomi, ossia nel periodo di incubazione. Purtroppo,
come confermato da numerosi virologi italiani e anche dalla stessa OMS, questo
può verificarsi, anche se con basse probabilità.
Il contagio del 2019-nCoV si realizza attraverso lo
scambio delle microgoccioline di saliva emesse durante i colpi di
tosse e gli starnuti.
L’acquisizione sulle modalità di contagio rappresenta, naturalmente, un dato importante: significa, infatti, che
il virus può propagarsi più facilmente.
Nel caso della SARS, nonostante questa questione non sia stata sviscerata con precisione, sembra che la trasmissione in assenza di sintomi si sia verificata in rari casi.
L’origine animale: zibetti e serpenti

La
SARS ha avuto origine nei
pipistrelli e successivamente è passata agli
zibetti, nei quali il patrimonio genetico del virus si è ricombinato. Gli zibetti, animali venduti nei
mercati locali, sembrano essere stati portatori sani della malattia. Dallo zibetto sembra essere giunto all’uomo, anche se recenti studi pongono il dubbio sul fatto che si sia compiuto il percorso opposto, ossia che il virus sia passato dallo zibetto al pipistrello e da qui all’uomo.
In un secondo momento, il virus fu reperito anche nei
cani procione (Nyctereutes procyonoides) e nei
tassi furetto (genere Melogale).
Per quanto riguarda il 2019-nCov sembra che il virus sia originario dei
pipistrelli (in particolare il genere Rhinolophus sinicus) e da qui sia passato ai serpenti. È in questi rettili che avrebbe acquisito la capacità di infettare l’uomo. I serpenti vengono venduti nei mercati locali.
I pipistrelli rappresentano un serbatoio per molte malattie: non solo SARS e MERS, ma anche
ebola,
rabbia e molte altre patologie. Interessante riuscire a capire perché si limitano ad ospitare il virus, ma non si ammalano. Un articolo pubblicato su Cell Host & Microbe fornisce una possibile spiegazione. Durante l’evoluzione, lo sviluppo di mutazioni genetiche che hanno consentito a questi animali l’acquisizione della capacità di volare, ne ha
mutato il sistema immunitario, rendendolo
più robusto e resistente all’aggressione virale.
Costi correlati astronomici
La SARS ha prodotto
costi stimati variabili fra i 30 ed i 100 miliardi di dollari. L’epidemia bruciò
25,3 miliardi di PIL cinese (dati Credit Suisse).
Nonostante le cifre già molto elevate, sappiamo già che i costi associati all’epidemia da nuovo coronavirus saranno superiori in termini di ripercussioni sull’economia, non solo cinese ma globale.
Il crollo delle Borse ha già prodotto perdite per
300 miliardi, nonostante il picco dell’epidemia non sia ancora stato raggiunto.
Verso il vaccino?
Durante epidemia di
SARS il vaccino è stato ottenuto in
20 mesi dal momento della conoscenza del genoma.
Per il
2019-nCoV si stima una contrazione dei tempi, ma una tempestiva formulazione sarebbe comunque seguita da una fase di
valutazione clinica e di
produzione su scala industriale.
Il vaccino, che sarebbe uno strumento preventivo dell’infezione, non è l’unica soluzione alla quale la comunità scientifica sta pensando. L’impegno della ricerca è orientato anche alla
sperimentazione di possibili farmaci per la terapia dell’infezione.
Domande e risposte
1. IL NUOVO CORONAVIRUS È PIÙ PERICOLOSO DELLA SARS?
Il nuovo coronavirus è più contagioso, ma meno aggressivo. Ha infatti una
letalità minore rispetto al coronavirus responsabile della SARS.
2. È VERO CHE IL NUOVO CORONAVIRUS PUÒ ESSERE CONTAGIATO ANCHE DA PAZIENTI SENZA SINTOMI?
Sì, le istituzioni sanitarie hanno dichiarato che, a seguito degli studi effettuati su questo virus, sembra che si sia dimostrato
capace di trasmissione anche nel periodo di incubazione. Per quanto riguarda la SARS sembra ci siano stati rari casi di contagio in assenza di sintomi.
3. I COSTI ASSOCIATI ALLA DIFFUSIONE DEL NUOVO CORONAVIRUS SARANNO SUPERIORI A QUELLI DELLA SARS?
Sì, i costi correlati a questa nuova epidemia hanno già superato quelli causati dalla SARS. Il contesto cinese attuale e le forti connessioni economiche globali fra i singoli Stati stanno determinando
perdite ingenti. Oltre, naturalmente, ai costi sanitari associati alla malattia.
4. ANCHE LA SARS SI DIFFUSE A PARTIRE DAI PIPISTRELLI?
Stando agli studi effettuati, la SARS si sarebbe diffusa a partire dal pipistrello, per giungere allo zibetto, un piccolo mammifero che viene venduto nei mercati locali. Per quanto riguarda il nuovo coronavirus, si ipotizza una partenza analoga (dai pipistrelli), ma un
passaggio intermedio nei serpenti.
5. ANCHE PER LA SARS FU DICHIARATA L'EMERGENZA SANITARIA GLOBALE?
No. All’epoca non esistevano ancora le
norme di
International Health Regulation (disposte nel 2005) che permettono l’adozione di questo provvedimento. Dalla loro introduzione l’emergenza sanitaria globale è stata dichiarata per ebola, Zika, influenza aviaria e poliomielite. Non fu dichiarata per la MERS.