Ultimo aggiornamento: 13 giugno 2022
L’albinismo vero e proprio, anche detto albinismo totale, riguarda le persone nelle quali la melanina è completamente assente. Se il pigmento è presente in concentrazione ridotta rispetto al normale, il soggetto viene definito albinoide.
Poi ci sono tutte le sfumature intermedie.
Quando è limitato agli occhi, il disturbo viene classificato come albinismo oculare, mentre quando coinvolge anche la pelle, si parla di albinismo oculocutaneo o albinismo di tipo 2.
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Questa condizione è provocata da una mutazione di uno dei geni nei quali sono scritte le istruzioni per la sintesi di un enzima (la tirosinasi) coinvolta nella sintesi della melanina, un processo al quale partecipa la proteina tirosina.
In mancanza di uno degli elementi essenziali necessari, l’organismo ha a disposizione una quantità inferiore al normale o nulla. Le conseguenze non si limitano alla presenza di pelle e occhi chiarissimi, ma comprendono anche molti rischi per la salute.
Come avviene la trasmissione ereditaria? Normalmente i genitori di bambini albini sono portatori sani: hanno cioè una colorazione normale di cute, annessi e occhi. Due casi di albinismo in generazioni consecutive sono praticamente impossibili, a meno di unioni ripetute fra consanguinei.
Nell’albinismo peli e capelli sono regolarmente presenti, anche se i primi sono talmente sottili e chiari da risultare spesso invisibili.
La struttura dei capelli è normale: l’alterazione si limita al colore, che varia dal biondo (in tutte le sue sfumature) al castano chiaro.
L’assenza o la scarsa disponibilità di melanina, il filtro che protegge la pelle dai raggi del sole, genera rischi sia immediati (eritemi e ustioni) che a lungo termine. La persona albina può abbronzarsi a seconda di quanta melanina produce. Se non ne sintetizza, non si può abbronzare. Meno ne ha, più è esposto al rischio di arrossamenti, ustioni e ispessimenti (pachidermia).
L’albinismo espone ad un rischio significativo di incremento di sviluppare il melanoma e gli altri tumori della cute.
Per monitorare l’eventuale presenza di lesioni precancerose e vista l’estrema vulnerabilità della loro pelle, è consigliabile una visita dermatologica con cadenza annuale.
Non sempre è semplice diagnosticare l’albinismo. Lo è nelle situazioni conclamate, di fototipi chiarissimi, nei quali il disturbo viene poi confermato da esami specifici.
Ma sono numerosi e diversi i casi ambigui, nei quali i sintomi sono sfumati.
Si stima che in Italia ci siano circa 4.000 soggetti albini, ma che una buona percentuale non sia neppure a conoscenza di avere una mutazione genetica che impedisce la corretta sintesi della melanina. Molti sono convinti di avere semplicemente dei colori molto nordici.
Questa considerazione conferma l’importanza dei test genetici, che permettono di diagnosticare con esattezza la malattia.
Non esistono, ad oggi, trattamenti risolutivi per l’albinismo. La diagnosi precoce ha un senso nella misura in cui fornisce gli strumenti per capire che esiste un rischio. La persona che ha ricevuto conferma della diagnosi è consapevole e può mettersi al riparo dalle possibili conseguenze dell’albinismo.
La consulenza dell’oculista specializzato nell’individuazione dei deficit visivi e nella loro riabilitazione (ortottista) consente di trattare il nistagmo, attraverso l’utilizzo di prismi ottici e, quando indicata, della chirurgia dei muscoli extraoculari.
Spesso, le persone albine hanno problemi di torcicollo e dolori ricorrenti alla regione cervicale, dovuti al fatto che tentano di compensare il nistagmo ponendo la testa in particolari posizioni rispetto al collo. Se il nistagmo viene corretto, anche il torcicollo migliora.
Lo strabismo, a volte presente, non richiede una correzione chirurgica, se non per motivi estetici.
La prescrizione di lenti speciali permette un miglioramento complessivo della vista. L’uso, invece, di lenti con personalizzazione del filtro UV consente di trascorrere del tempo all’aperto senza rischi per l’occhio.
Fermo restando che la pelle non può essere in nessun modo arricchita in melanina, il dermatologo può aiutare l’albino a individuare le modalità più adatte per trascorrere comunque del tempo all’aria aperta. Può offrire consigli e raccomandazioni sull’uso di indumenti appropriati, di filtri solari corretti e personalizzati ed il rispetto degli orari di esposizione alla radiazione ultravioletta.
In alcuni casi, l’impossibilità di esporsi al sole impone che si assumano integratori di vitamina D, per non incorrere in problemi di osteomalacia e fragilità ossea.
Nel 2013, l’Organizzazione per le Nazioni Unite ha adottato una risoluzione contro il pregiudizio, per tutelare le persone affette da albinismo, che in molti Paesi del mondo (Africa, India, Pakistan) sono vittime di episodi di violenza, bullismo, discriminazione.
In Africa, l’incidenza dell’albinismo è particolarmente alta, arrivando a coinvolgere una persona su 2.500. In molti Paesi del continente sono stati documentati episodi riconducibili ad un vero e proprio traffico di parti del corpo di individui albini, ritenuti dalla superstizione popolare portatori di attributi esoterici e paranormali, allo scopo di allestire riti propiziatori.
Agli albini è riconosciuto potere taumaturgico: sono quindi temuti e venerati al tempo stesso, ma, comunque, osservati come fenomeni molto più divini che terreni. Probabilmente, questo aspetto è alimentato anche dall’osservazione del mondo animale. In una realtà difficile, in cui la competizione per la riproduzione e per la sopravvivenza è durissima, gli esemplari albini, che spiccano per il colore del loro mantello, e per i quali è impossibile mimetizzarsi e quindi sfuggire ai predatori, vengono allontanati dal branco per salvaguardarne l’integrità complessiva e non mettere a rischio gli altri componenti.
Il 13 giugno di ogni anno, si celebra la International Albinism Awareness Day, la giornata internazionale per la consapevolezza sull’albinismo.
“Credo che nel mondo occidentale il problema più grande sia un elevato livello di ignoranza su questa condizione. L’albinismo è molto raro in occidente e penso che cinema e narrativa siano le fonti principali di conoscenza per la maggior parte delle persone. La rappresentazione degli albini data dai film e dalla letteratura è incompleta, sbagliata, caricaturale. Nei film l’albino è sempre un assassino, un ladro, una persona negativa”, sostiene Ipkongwosa Ero, albina di origini nigeriane, esperta sul tema dell’albinismo per le Nazioni Unite.
Un riferimento cinematografico non casuale, se ripensiamo ad una delle pellicole che hanno fatto la storia del grande schermo. La morte ne “Il Settimo Sigillo” di Ingmar Bergman è interpretata da un attore non naturalmente albino, ma truccato per sembrarlo. Questa scelta del regista sembra voler fare leva sui sentimenti di mistero ed esoterismo che tradizionalmente circondano la figura degli albini.
Sulle persone affette da albinismo, a causa dell’aspetto anomalo e del pregiudizio sulla diversità, sono cresciute nel tempo numerose leggende metropolitane. Una di queste è la credenza che gli albini vedano al buio, come i gatti, e che non possano percepire i colori. Miti certamente da sfatare, ma che si abbeverano ad una fonte reale. La fotofobia rende difficile la visione in presenza di luce forte, rendendola migliore nella penombra. Per quanto riguarda la percezione dei colori, invece, la leggenda è tale: gli albini possono vedere tutto lo spettro cromatico.
Una seconda credenza vorrebbe attribuire agli albini deficit di tipo motorio, a causa della loro andatura goffa e incespicante: in realtà, alcuni albini tendono effettivamente ad inciampare con una certa frequenza, ma questo è dovuto esclusivamente ai gravi problemi di vista.
La volontà di diffondere più informazioni (e più corrette) sull’albinismo, ha portato all’allestimento di una campagna di divulgazione, che vede impegnata la fotografa Silvia Amodio. Silvia ha prodotto una serie di scatti esibiti in una mostra fotografica itinerante, dal titolo “Tutti i Colori del Bianco”.
Importante è anche il contributo della narrativa, oggi più sensibile alle tematiche del sociale.
“Ho i capelli bianchi, la pelle bianca e gli occhi quasi trasparenti, devo stare attenta al sole che mi brucia e il mondo lo vedo un poco strano. Ma non è che sono una storia inventata, io sono albina”, precisare Luna, dodici anni, protagonista del libro “Chi manda le onde” di Fabio Genovesi, nel tentativo di prendere le distanze dalla pubblica convinzione che la vede simile agli spiriti eterei delle favole.
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Alle nostre latitudini le persone con albinismo hanno un’aspettativa di vita analoga a quella della popolazione generale. Ma nei Paesi in cui sopravvivono retaggi ancestrali di superstizione, come in alcune regioni dell’Africa, gli albini sono perseguitati e spesso uccisi per via dei loro colori.
La causa dell’albinismo è una mutazione dei geni che codificano per la tirosinasi, un enzima che permette all’organismo di sintetizzare la melanina, il pigmento che ci ripara dai danni indotti dai raggi solari.
Un albino è una persona affetta da albinismo, una malattia causata da una mutazione dei geni che permettono la sintesi della melanina. Un albino produce meno melanina del normale, talvolta non ne produce.
Gli albini hanno problemi gravi di vista, dovuti al fatto che la melanina non è solo un pigmento colorato, ma un elemento indispensabile per il corretto sviluppo degli occhi e del nervo ottico. Le persone affette da albinismo hanno una visione poco nitida e non percepiscono la terza dimensione, la profondità. Inoltre, uno dei sintomi della malattia è il nistagmo, cioè l’oscillazione involontaria e continua degli occhi. Spesso gli albini hanno problemi di strabismo.
L’assenza, o la ridotta presenza, di melanina negli occhi congenita impedisce agli occhi e al nervo ottico di svilupparsi correttamente durante la gravidanza. Ne deriva che i bambini con albinismo abbiano una serie di disturbi della vista (visione poco nitida, impossibilità di percepire la profondità, nistagmo, strabismo) che possono solo in parte essere corretti con strumenti medici/chirurgici.
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Data di pubblicazione: 13 giugno 2018