Parto cesareo in Italia: definizione e quadro epidemiologico

Parto cesareo in Italia: definizione e quadro epidemiologico

Approfondimento scientifico realizzato in collaborazione con
l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

 

Indice

Definizione  

La salute materno-infantile rappresenta un’area prioritaria della salute pubblica non solo perché la gravidanza, il parto e il puerperio in Italia sono la prima causa di ricovero per le donne, ma perché gli eventi connessi alla nascita sono riconosciuti a livello internazionale tra i migliori per valutare la qualità dell’assistenza sanitaria di un Paese.

Il parto è la fuoriuscita, naturale o indotta, del feto attraverso le vie genitali della madre
. Se il parto avviene in modo naturale e senza interventi esterni viene definito “eutocico” (spontaneo); se subentrano complicanze, invece, viene definito “distocico”. Si definisce “operativo” quando è necessario un intervento strumentale o manuale da parte degli ostetrici, che si può realizzare per via vaginale (utilizzando una ventosa o scollando manualmente la placenta), oppure se viene effettuata una incisione chirurgica della parete addominale e dell’utero (taglio cesareo). 
 
Il parto attraverso taglio cesareo inizia con l’anestesia, che può essere: anestesia spinale (detta anche subaracnoidea), che rappresenta oggi la tecnica più utilizzata, o anestesia epidurale o anestesia generale. Grazie all'anestesia spinale, la madre resta cosciente e può partecipare con consapevolezza al parto.
Successivamente, il ginecologo ostetrico effettua l’incisione della parete addominale, e poi quella dell’utero. Una volta estratto il feto, vengono richiusi utero e addome.
Il taglio cesareo è un vero e proprio intervento chirurgico, e come tale presenta dei rischi, e ha delle specifiche indicazioni. Per questo, è importante discutere con il proprio medico ginecologo i pro e i contro di questa modalità di parto.


In Italia, come evidenziato dai dati dei Certificati di Assistenza al Parto (CeDAP) e delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), da indagini ad hoc effettuate dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), emergono delle criticità riferibili sia alle gravidanze fisiologiche che a rischio, tra cui il consumo eccessivo delle prestazioni diagnostiche, la mancanza di continuità nell’assistenza alla nascita tra il livello territoriale e ospedaliero e la carenza di informazioni e di conoscenze tra le donne, in particolare tra le madri con bassa istruzione o straniere.

Ancor più importanti sono alcuni punti, per i quali lo stesso Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2011-2013, che inserisce tra le sue priorità la tutela della donna e del nascituro durante tutto il percorso nascita (dalla fase preconcezionale al puerperio), identifica azioni di miglioramento. Tra questi notiamo:
  • l’integrazione in rete dei servizi di primo livello (consultori familiari, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta), secondo (poliambulatori distrettuali e ospedalieri) e terzo livello (centri nascita a diverso livello di complessità);
  • la razionalizzazione dei punti nascita con l’obiettivo di una soglia minima (standard minimo per cure perinatali qualitativamente accettabili) di almeno 500 parti (attualmente i punti nascita con numero di parti inferiori alla soglia sono ancora il 28% del totale, ed il 7,37% dei parti avviene in strutture con <500 parti/anno) (1) ed una copertura di guardia medico-ostetrica e medico - pediatrica attiva 24h/24;
  • la riduzione del ricorso al taglio cesareo.
La frequenza del taglio cesareo (TC) nei paesi industrializzati è da anni in costante aumento e l’Italia non fa eccezione. Le motivazioni si possono ricondurre non solo a fattori culturali e attitudinali legati alla pratica dell’intervento, ma anche a una aumentata richiesta di taglio cesareo da parte delle partorienti.

Nonostante il problema sia da diversi anni al centro del dibattito politico-sanitario, nel nostro Paese non si è ancora registrata alcuna significativa inversione di tendenza. Permane, inoltre, una spiccata variabilità nel confronto tra le regioni, ma anche all’interno di una medesima realtà regionale, tra punti nascita di differente tipologia amministrativa e volume di attività (con percentuali di cesarei nettamente superiori alla media nazionale nei centri caratterizzati da basso numero di parti). Tale variabilità sembra peraltro riconducibile, in larga misura, a pratiche assistenziali non appropriate e devianti rispetto alle indicazioni cliniche basate sulle prove di efficacia.

È pur vero che la complessità del fenomeno richiede la messa a punto di strategie molteplici di intervento, in grado di coniugare misure di programmazione sanitaria finalizzate a disincentivare gli eccessi della medicalizzazione, con iniziative formative ed educazionali volte a modificare gli atteggiamenti e orientare i comportamenti degli operatori sanitari e delle donne alle prese con l’esperienza della maternità.
 

Indicazioni

Il parto cesareo si rende necessario in tutte quelle occasioni in cui un parto per via vaginale non è praticabile o presenta dei rischi per la madre e/o il bambino.

Può essere programmato, se deciso prima dell'avvio del travaglio oppure urgente se le condizioni della madre o del bambino lo rendono necessario durante lo svolgimento del parto stesso.
Le situazioni in cui si rende necessario sono state dichiarate dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e anche in Italia le principali società scientifiche ginecologiche ed ostetriche hanno elaborato delle linee guida, riportate dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
 
Quali sono le indicazioni ad effettuare un parto attraverso taglio cesareo PROGRAMMATO?
  • Presentazione podalica del feto 
  • La madre presenta lesioni primarie da Herpes simplex a livello genitale nell’ultimo trimestre di gravidanza
  • Infezione da HIV (solo se la carica virale è elevata)
  • Co-infezione da virus HIV e Virus dell’epatite C (in donne non in terapia HAART e/o con carica virale HIV elevata)
  • Presenza di placenta previa
  • Pregressa rottura dell’utero o un precedente cesareo con incisione longitudinale
  • Gravidanza gemellare monocoriale e monoamniotica (evenienza molto rara)
  • Peso stimato del feto superiore ai 4,5 kg nelle donne diabetiche.
Possono costituire indicazioni al taglio cesareo, da valutare caso per caso, le situazioni in cui:
  • il feto è piccolo per epoca gestazionale e se presenta problemi rilevati tramite esami strumentali
  • uno dei feti è in presentazione podalica nel corso di una gravidanza gemellare
  • è prevista una sproporzione cefalo-pelvica.
 
Quali sono le indicazioni ad effettuare un parto attraverso taglio cesareo URGENTE?
Tutte quelle situazioni che si verificano, in modo imprevisto, al momento del parto e che possono provocare una sofferenza fetale.
 
Quali NON sono, invece, indicazioni al parto cesareo?
  • un pregresso taglio cesareo
  • un travaglio pretermine
  • un’infezione da virus dell’epatite B o dell’epatite C
  • la gravidanza gemellare.
     
 

Rischi legati al parto cesareo

Come per tutti gli interventi chirurgici, esiste il rischio di:
  • Trombosi Venosa Profonda
  • Emorragie post-operatorie
  • Infezioni della ferita del taglio cesareo
  • Problemi all'apparato urinario
  • Reazioni allergiche alle sostanze anestetiche
  • Disturbi transitori legati alla anestesia spinale, come dolore alla schiena, cefalea, formicolii.
I rischi maggiori, tuttavia, riguardano la possibilità di presentazione anomala della placenta in una gravidanza successiva (placenta previa, placenta accreta), che possono mettere a serio rischio la madre e il successivo bambino.
C'è comunque da sottolineare che il taglio cesareo è considerato un intervento quasi “di routine” negli ospedali e nelle principali cliniche italiane, e presenta quindi degli elevati standard di sicurezza.


 

Quadro Epidemiologico

Rispetto alla soglia del 15%, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) garantisce il massimo beneficio complessivo per la madre e il feto, l’Italia è il Paese europeo con la massima incidenza di parti cesarei, con valori del 38,4%  (Figura 1).

Il nostro Paese mostra una estrema variabilità per area geografica, con valori più elevati nel Meridione. Nel 2006, con una proporzione del 39,30%, si e registrato in Italia il valore più elevato (passando dall’11,2% del 1980 per il 29,8% del 1996), mentre dal 2007 i dati mettono in evidenza un trend in lieve, ma in continua, riduzione, andamento confermato anche nel 2010, anno in cui, rispetto al 2009, si registra una riduzione dello 0,75% (Tabella 1). È inoltre da sottolineare come la percentuale dei parti cesarei vada aumentando con progressione lineare dalle strutture con maggior numero di parti a quelle a minor numero, raggiungendo il 50% nelle strutture con parti/anno <500, con valori di gran lunga maggiori presso le strutture private accreditate (61%) e quelle non accreditate (75%) rispetto a quelle pubbliche (34%).
 
Figura 1. Tagli cesarei per 100 nati vivi. Anni 1990-2009.
 
 
Fonte: OECD Health Data 2011
 

In Italia, come detto sopra, i dati relativi al ricorso del taglio cesareo sono passati dall’11% sul totale dei parti del 1980 al 28% del 1996, fino ad arrivare al 38% nel 2008, conquistando il primo posto in Europa. Negli ultimi anni, nel nostro Paese si sta osservando una riduzione della proporzione di tagli cesarei.
L’ultimo dato disponibile, relativo al 2016, registra una proporzione di tagli cesarei del 35% sul totale dei parti.
Questo dato, che rimane il più alto tra i Paesi dell’area Euro, appare decisamente elevato, soprattutto se confrontato con le raccomandazioni internazionali. L’OMS, infatti, ha stabilito una proporzione di parti cesarei del 10-15% come valore soglia per minimizzare la mortalità materna-neonatale.
 
Come riportato dal Rapporto Osservasalute, che fotografa ogni anno lo stato di salute delle regioni italiane, appare evidente una grande variabilità tra regioni nel ricorso al taglio cesareo, con un gradiente crescente da Nord a Sud.
Nel 2016, in Italia, la proporzione di TC sul totale dei parti è variata da un minimo del 21% registrato nella Provincia Autonoma di Trento ad un massimo del 59% osservato in Campania.
Analizzando le motivazioni di queste differenze, sembra che la disparità sia verosimilmente attribuibile più a fattori assistenziali (carenze strutturali e organizzative, scarsa competenza del personale sanitario nel gestire parti naturali “complicati” e una tendenza socio-culturale che assimila il cesareo a una modalità elettiva di nascita) piuttosto che a reali necessità cliniche.
 
Per questo motivo, l’Istituto Superiore di Sanità si è fatto portavoce di diffondere delle linee guida che hanno lo scopo di costituire un punto di riferimento sia per i professionisti sanitari, che uno strumento di divulgazione e informazione per i cittadini, affinchè, in un momento importante come quello della nascita di un figlio, siano operate delle scelte appropriate, consapevoli, e ottimali per il benessere della mamma e del bambino.
 
Immagine che riporta dati dei parti cesari nelle regioni italiane
Fonte: Rapporto Osservasalute, anno 2017.
 
Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle straniere; nel 28,8% dei parti di madri straniere si ricorre al taglio cesareo mentre il dato riferito alle italiane si attesta al 39,5%.

Si registrano inoltre marcate differenze intraregionali tra punti nascita di diversa tipologia amministrativa e volume di attività (Tabella 1), con percentuali di taglio cesareo nettamente superiori alla media nazionale nei reparti con basso numero di parti e nelle strutture private accreditate (60,5%) e non accreditate (75%) rispetto a quelle pubbliche (34,8%).

 
Tabella 2. Percentuale di tagli cesarei per volume di attività.
 
 
Fonte: Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNLG-ISS). Linea Guida 19. Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole.
 
Non sono disponibili prove a sostegno di un’associazione tra il maggiore ricorso alla pratica chirurgica e una riduzione del rischio materno-fetale, né tanto meno di miglioramenti significativi degli esiti perinatali. Al contrario, i dati disponibili riportano una più alta mortalità perinatale nelle regioni meridionali del Paese, dove la percentuale di tagli cesarei è più elevata. L’ampia variabilità rilevata sembra essere un indizio di comportamento clinico-assistenziale non appropriato, riconducibile a molteplici fattori indipendenti dalle condizioni di necessità clinica: carenze strutturali e organizzative, scarsa competenza del personale sanitario nel gestire la fisiologia (taglio cesareo visto come pratica difensiva) e una tendenza socio culturale che assimila il cesareo a una modalità elettiva di nascita.


Attualità: lo scenario

Nel nostro Paese, sulla base delle considerazioni e dei dati citati, il Sistema Nazionale per le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità ha sviluppato una Linea Guida dal titolo “Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole", distinta in due parti. A circa 2 anni dalla pubblicazione della prima parte, focalizzata sugli aspetti della comunicazione alle donne, il 30 gennaio 2011 è stata presentata la seconda parte, dedicata ai temi dell’appropriatezza della pratica chirurgica nell’assistenza alla nascita. La Linea Guida prende in esame le indicazioni al taglio cesareo programmato e d’urgenza, l’appropriatezza delle procedure diagnostiche e delle manovre impiegate nell’assistenza al parto e i rischi materno-fetali associati al travaglio dopo pregresso taglio cesareo, con lo scopo di migliorare l’appropriatezza dell’indicazione al taglio cesareo stesso.

L’eccessivo ricorso al TC è anche una delle criticità indicate nella bozza del PSN 2011-2013, approvata dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni, che prevede la riorganizzazione strutturale dei punti nascita anche nell’ottica di facilitare la riduzione dei parti mediante TC, la cui soglia non dovrebbe superare il 20%.

Il 16 dicembre 2010 è stato approvato, inoltre, l’accordo Stato-Regioni relativo alle “Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo". L’accordo definisce un programma articolato in dieci linee di azione che vanno da misure di politica sanitaria all’introduzione di strumenti per il miglioramento e la valutazione della qualità assistenziale.

Tutte le forze sono dunque volte alla riduzione del ricorso alle tecniche chirurgiche per l’espletamento del parto, a meno di indicazioni appropriate. Il contenimento dei TC inappropriati rappresenta un importante strumento per la sicurezza della donna e del neonato, come dimostrato anche da studi italiani e potrà essere realizzato attraverso azioni da attuare a livello regionale (pianificazione strategica, accreditamento istituzionale, remunerazione etc.), aziendale (pianificazione attuativa, budget e valutazione performance) e dei singoli professionisti (stesura di protocolli/percorsi assistenziali, formazione, audit periodici, definizione obiettivi etc.).

L’andamento del fenomeno nei Paesi industrializzati invece, viene ampiamente indagato in un articolo che mostra come, nei 22 Paesi presi in considerazione, 17 presentano un tasso di TC >20%, con l’Italia in testa (39%), mentre solamente in Olanda (14%) si riscontra un tasso inferiore al valore raccomandato.

Le differenze tra i Paesi si collegano soprattutto ai diversi sistemi di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, al sistema medico-legale e alle Linee Guida adottate dai professionisti.
 


Come funziona la gravidanza e il parto?


Best Practices

Non è noto quale sia la proporzione di TC corrispondente alla qualità ottimale delle cure, ma si ritiene che, in situazioni di sovra-utilizzazione, proporzioni più basse di TC rappresentino una migliore qualità dell’assistenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda, come valore ideale, una proporzione del 15%.
 

Domande e risposte

Quanto tempo ci vuole per recuperare dopo un taglio cesareo?
Fate il pieno di energie. Un taglio cesareo è un intervento chirurgico e proprio come qualsiasi altro intervento chirurgico, il tuo corpo avrà bisogno di tempo per guarire. Aspettatevi di rimanere in ospedale per tre o quattro giorni dopo il parto (più a lungo se ci sono complicazioni) e di dare al vostro corpo fino a sei settimane di tempo per guarire completamente.


Quali sono gli effetti collaterali di un taglio cesareo?
Dopo un parto cesareo è possibile presentare:
  • febbre
  • peggioramento del dolore
  • aumento del sanguinamento vaginale
  • aumento del rossore nel sito di incisione
  • gonfiore dell'incisione chirurgica
  • dolore al seno con arrossamento
  • perdite vaginali maleodoranti
  • dolore durante la minzione
 
Quali sono gli svantaggi di un parto cesareo?
Gli svantaggi di un parto cesareo rispetto ad un parto spontaneo sono un aumentato rischio di disturbi dopo il parto, come una infezione nel punto dell'incisione o un dolore di maggiore durata. Trattandosi di un intervento chirurgico, un taglio cesareo comporta un aumento del rischio di perdita di sangue e un maggiore rischio di infezione.


Come posso guarire più velocemente dopo un taglio cesareo?
Alcuni modi per migliorare il recupero dopo un taglio cesareo
  • Prendere gli antidolorifici. Dopo un taglio cesareo, è normale avere dolore per un massimo di due settimane, anche se ti sentirai meglio ogni giorno.
  • Curare l'incisione mantenendo la zona asciutta ed evitando piscine e vasche idromassaggio
  • Camminare
  • Mangiare bene
  • Combattere la stitichezza
  • Non sollevare pesi
  • Allattare senza piegarsi troppo in avanti, meglio sedersi su una sedia e stare dritta con la schiena
  • Anziché la panciera, indossare un indumento intimo a compressione graduata che allevierà il dolore e gonfiore senza causare altri problemi
  • Tornare gradualmente a fare sesso. Dopo un taglio cesareo è probabile avere rapporti dolorosi. Per prevenire il dolore è utile dedicare tempo ai preliminari e usare un lubrificante
  • Evitare gli esercizi per gli addominali
  • Cercare un sostegno emotivo e trova una persona o un gruppo di supporto con cui parlare dei propri sentimenti

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Riferimenti Bibliografici

- Decima edizione Rapporto Osservasalute. Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle regioni italiane. Prex, Milano. Anno 2012
- Declercq E, Young R, Cabral H, Ecker J. Is a Rising Cesarean Delivery Rate Inevitable? Trends in Industrialized Countries, 1987 to 2007. Birth 2011; 38 (2): 99-104.
- Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNLG-ISS). Linea Guida 19. Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole. Disponibile sul sito: http://percorsonascita.ats-bg.it/documenti_istituzionali/LG_Cesareo_finaleL.pdf
- WHO - World Health Organization. Appropriate technology for birth. Lancet 1985; 2: 436-7.
- Ministero della salute. Lo stato di salute delle donne in Italia. Primo rapporto sui lavori della Commissione Salute della Donna. Roma, marzo 2008.
- Stivanello E, Rucci P, Carretta E, Pieri G, Seghieri C, Nuti S, Declercq E, Taglioni M, Fantini MP. Risk adjustment for inter-hospital comparison of caesarean delivery rates in low-risk deliveries. PLoS One. 2011; 6 (11): e28060. Epub 2011 Nov 23.
- Farchi S., Polo A., Franco F., Di Lallo D.,Guasticchi G. Severe postpartum morbidity and mode of delivery: a retrospective cohort study Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica, December 2010, Vol. 89, No. 12: Pages 1.600-1.603.

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