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Quali consigli per l’allattamento al seno
L’allattamento al seno viene raccomandato dalle istituzioni e dalla comunità scientifica per i numerosi e importanti
benefici per la salute del bambino e della mamma.
Ma non è raro che una donna scelga di
rinunciarvi o di
interromperlo precocemente: una corretta
informazione può fornire elementi aggiuntivi alla riflessione. La corretta informazione, così come la capacità di comprensione e supporto da parte dell’ostetrica, del medico di medicina generale, del
pediatra o del
ginecologo possono giocare un ruolo fondamentale nel promuovere questa pratica.
Allattamento al seno: come funziona?
Durante la
gravidanza gli ormoni (estrogeni, progesterone) prodotti dal tuo corpo favoriscono lo
sviluppo della ghiandola mammaria e del sistema dei dotti, i tubicini che porteranno il latte fino al capezzolo.
Quando arriva il latte? Dopo il
parto, l’ipofisi (una ghiandola posta alla base del cervello) secerne prolattina, favorendo la montata lattea e quindi la produzione di latte vera e propria. Sarà poi il piccolo, attaccandosi correttamente al seno e succhiando, a mantenere attiva la lattazione.
Insieme all’
ossitocina, un altro ormone protagonista del
post-partum, la
prolattina è anche responsabile del ritorno dell’utero al suo stato originario. L’azione di queste due sostanze ha due importanti conseguenze. Nell’immediato, previene le emorragie post-partum e, nel tempo, ti permette di tornare più velocemente in forma. Il leggero mal di pancia che senti quando attacchi il bambino nei primi giorni di vita è un segnale dell’azione di contrazione esercitata dagli ormoni sulle fibre muscolari dell’utero.
Per favorire la
montata lattea fisiologica, che in genere compare a 3-5 giorni dal parto,
attacca il tuo
piccolino subito alla
nascita. Nel frattempo, la ghiandola mammaria produrrà un liquido di colore giallo (il colostro) ad alto valore nutritivo e protettivo, che contiene tutte le sostanze di cui ha bisogno e gli anticorpi per la protezione dalle infezioni.
Perché allattare?
L’allattamento, in particolare quando
prolungato,
protegge sia te che il tuo bambino da numerose malattie.
Gli
anticorpi contenuti nel latte lo difendono dalle infezioni più comuni dell’
età pediatrica, come le infezioni dell’apparato respiratorio, gastrointestinale e delle vie urinarie e le otiti. Inoltre, è stato osservato che i neonati allattati al seno hanno un rischio inferiore di andare incontro a sindrome delle morte in culla (SIDS).
L’
allattamento al seno riduce il rischio che, da grande, il bambino sviluppi l’asma, l’obesità, le malattie cardiovascolari e le leucemie. Protegge il suo sviluppo intellettivo e rinforza le difese immunitarie.
E fa bene anche a te! Se allatti hai un rischio
minore di sviluppare alcuni
tumori, fra cui il
carcinoma ovarico, dell’endometrio (il rivestimento interno dell’utero) e del seno. E la protezione è tanto maggiore quanto più a lungo allatterai. L’allattamento riduce il rischio di emorragie uterine post partum e ti permetterà di ritornare in forma più velocemente. Senza paragoni, il vantaggio di poter nutrire il piccolo ovunque, in maniera gratuita e senza alcuna necessità di oggetti o attrezzature.
Ricorda che se il tuo piccolo succhia solo dal seno devi proseguire la supplementazione della
vitamina K per bocca, secondo la prescrizione del
pediatra.
Perché le donne smettono di allattare
La fase che segue la montata lattea può
non essere
facile, come sanno tante mamme. C’è il bambino che non si vuole attaccare, quello che attaccandosi fa male al capezzolo, quello che piange sempre…
Oggi siamo
più sole che in passato, quando la maternità riuniva tutte le donne della famiglia, non si avvertiva la solitudine e i consigli fioccavano. È fondamentale quindi poter contare su un
supporto adeguato in caso di bisogno: l’
ostetrica del reparto nel quale hai partorito, il tuo
medico di famiglia, il
pediatra o un altro
operatore sanitario che possa darti un consiglio professionale se ne hai necessità.
Ma non dobbiamo sottovalutare l’impatto degli
inconvenienti spesso considerati “
minori”, e come tali
sottovalutati, perché hanno un impatto importante sulla decisione di interrompere l’allattamento. Qui riportiamo quelli più segnalati dalle mamme, con le possibili soluzioni consigliate dagli esperti.
Per le ragadi prova ad attaccarlo meglio
Le ragadi sono piccole ferite molto dolorose che si formano sul capezzolo e che fanno molta fatica a rimarginarsi. Sono proprio il bruciore e il dolore a far desistere la mamma dal proseguire in questa avventura. Nella maggior parte dei casi, però, le ragadi sono dovute al fatto che il piccolo si attacca in maniera non ottimale al seno e possono, quindi, essere prevenute.
L’attacco corretto. Quando il bambino è attaccato bene? Quando non prende solo il capezzolo, ma l’intera areola (l’area di colore rosa scuro intorno al capezzolo): in questo modo la sollecitazione viene distribuita meglio e il rischio di lesioni è minore. Il bambino ha la bocca bene aperta, il mento a stretto contatto con il seno e il collo leggermente all’indietro. Mentre succhia il latte compie movimenti ampi con la bocca, intervallati da pause. Cerca una posizione che gli permetta di deglutire senza difficoltà.
Ricorda che l’allattamento non dovrebbe causare dolore: se senti male quando il piccolino si attacca, prova a staccarlo e riattaccarlo meglio. Un attacco non ottimale non è solo alla base della comparsa di ragadi, ma anche della riduzione della produzione di latte. Se il problema persiste, prova a consultare una consulente dell’allattamento che possa darti una mano a trovare la tecnica più opportuna.
Puoi utilizzare un prodotto che favorisca la guarigione delle ragadi, ma sappi che nell’areola mammaria sono presenti alcune ghiandole che producono un liquido sieroso con effetto cicatrizzante. Ricorda di non eccedere nell’uso di detergenti, soprattutto se con azione disinfettante o comunque aggressiva, che irriterebbero ulteriormente la pelle.
Un gonfiore anomalo
Durante l’allattamento al seno può accadere che un seno assuma un aspetto anomalo, diventando duro, gonfio, dolorante e arrossato. Non si tratta del normale gonfiore e indurimento che si avverte poco prima della poppata, ma di una manifestazione più intensa che può essere accompagnata da febbre, la mastite.
Ho le ghiandole ingrossate: può essere mastite? I linfonodi ascellari ingrossati non sono necessariamente una conferma della mastite, perché possono aumentare di dimensione anche per l’allattamento in sé.
Perché viene la mastite? Si tratta di un'infiammazione della ghiandola mammaria dovuta al ristagno di latte a causa di:
- Ingorgo mammario;
- Attacco scorretto;
- Reggiseno stretto;
- Interruzione troppo rapida dell’allattamento.
Come prevenire la mastite? Se hai dolore quando attacchi il bambino, chiedi supporto a un consulente dell’allattamento, che ti aiuti a trovare la posizione migliore. Allatta il piccolo a richiesta, in maniera da consentire uno svuotamento efficiente della mammella. Adotta un’igiene personale ottimale: lava il seno con acqua tiepida e detergente non aggressivo. Non esagerare con la frequenza dei lavaggi e non utilizzare prodotti disinfettanti, tutte condizioni che promuovono l’insorgenza delle ragadi, le quali a loro volta sono fattori di rischio per la mastite. Indossa biancheria comoda, in cotone e nella taglia corretta, evitando capi stretti.
Cosa fare per la mastite? Prendi un antinfiammatorio (paracetamolo) se il dolore è molto intenso, dopo avere sentito il parere del medico. Modifica la modalità di attacco del bambino e allattalo con frequenza tale da consentire alla mammella di svuotarsi. Applica impacchi caldo-umidi e fai un massaggio in senso circolare al seno.
Ho la mastite: posso attaccare lo stesso il mio bambino al seno? Sì. Anzi, attaccare spesso il piccolo permette di svuotare la mammella e migliorare il problema. Il piccolo deve essere attaccato spesso, per favorire il deflusso completo del latte.
La mastite può essere associata ad un’infezione batterica, condizione che può richiedere una terapia con farmaci. Se hai febbre e malessere, contatta il tuo medico per un consiglio.
Non cresce: ho poco latte
La paura di
non avere
abbastanza latte è piuttosto comune fra le neo-mamme: è il timore che il piccolo non si nutra a sufficienza e che dunque non cresca bene a innescarla. Tuttavia, il più delle volte, si tratta di un
timore immotivato.
Il bambino che mangia poco generalmente dà segni di insofferenza piuttosto chiari. Se hai dubbi a riguardo, osserva le sue urine: se sono chiare e abbondanti significa che assume latte in quantità sufficiente.
Quanti grammi deve mangiare per ogni poppata? Contatta il pediatra per verificare che il suo peso sia nella norma per la sua età: basta un controllo periodico, fatti consigliare dal medico la frequenza delle visite. Non ricorrere a metodi fai-da-te come l’acquisto di una bilancia e la doppia pesata (prima e dopo la poppata) per controllare l’esatto quantitativo di latte succhiato. Queste soluzioni aumenteranno la tua ansia e renderanno meno serena la poppata.
Come aumentare il latte? Per mantenere un’adeguata produzione di latte asseconda le richieste di tuo figlio. È vero: l’allattamento a richiesta è più faticoso, ma solo all’inizio (quando potrebbe voler mangiare ogni ora), perché poi potrai ridurre la frequenza delle poppate. Non cercare di saziarlo con tisane o latte artificiale se temi di non avere poco latte: se si attacca di meno al seno, ne produrrai ancora meno.
Si addormenta mentre mangia
Prova a comprimere il seno per fare uscire più latte, schiacciandolo con decisione fra il pollice e le altre dita. Questo potrebbe tenerlo sveglio, saziarlo di più e ridurre la frequenza delle poppate.
Prova anche a spostalo verso l’altro seno: muovendolo, si sveglierà e ricomincerà a mangiare.
Qual è la posizione migliore?
Non esiste una posizione ideale: ogni mamma trova la sua e la cambia nel tempo. Ciò che conta è che, soprattutto all’inizio, quando è necessario sperimentare ed è possibile che tu avverta ancora dolore (soprattutto se hai subito un’episiotomia), trovi una posizione comoda, con la schiena sostenuta e rilassata. In questo modo il latte può fluire liberamente e tuo figlio mangiare correttamente. Alcuni pediatri suggeriscono di tenere il bambino nella stessa posizione in cui un giocatore di rugby tiene la palla ovale, ma si tratta di un’indicazione di massima.
Non sono previsti un tempo minimo e un tempo massimo per la poppata: ogni bambino ha i suoi. All’inizio, potrebbe volerci molto, ma in genere con il passare dei giorni i tempi si accorciano.
Subito dopo il parto, potresti avere difficoltà ad allattare seduta e preferire stare sdraiata a letto. In questo caso, e in generale di notte, può aiutarti mettere alcuni cuscini o coperte dietro la schiena.
Alterna i lati ai quali lo attacchi all’inizio del pasto: se per una poppata ha succhiato prima dal seno destro, per la successiva inizia dal sinistro. In questo modo entrambi saranno stimolati a secernere la stessa quantità di latte.
Se succhia troppo voracemente e il latte gli va di traverso, staccalo fino a quando respira correttamente e riattaccalo. Se ha un rigurgito lasciagli espellere tutto il latte prima, eventualmente, di riattaccarlo.
Quando non riesce a succhiare, ad attaccarsi bene o se hai bruciore o dolore ai capezzoli, puoi provare a metterti in posizione semi reclinata, ad esempio su una poltrona comoda. Fai adagiare il piccolo su di te e verifica che il suo nasino sia libero. In particolare, se il tuo capezzolo è dolente per le ragadi, avvicinalo con il viso il più possibile, in maniera che si attacchi rapidamente senza cercarti con le mani.
Come faccio a capire quando ha fame? Spesso, quando si avvicina il momento della poppata, il bambino gira la testa da un lato, muove le labbra, mette le manine in bocca, agita le braccine e, in ultimo, se non viene accontentato, piange.
Quando cerca il seno ha sempre fame? No, a volte sente il bisogno di contatto con te e si rilassa sentendo il battito del tuo cuore. L’allattamento è molto più che nutrizione: è la maniera con cui mamma e figlio si conoscono e stabiliscono un legame.
Quanto dovrebbe durare una poppata?
La
quantità di latte prodotta
non è
costante nel tempo, così come l’appetito del bambino. Se il piccolo trova meno latte o è meno affamato mangia meno e la poppata è più breve. Al contrario, se il seno è più gonfio di latte o è più affamato, la poppata sarà più lunga.
Se il pasto del piccolo si protrae più a lungo del solito ed è disturbato da frequenti movimenti e inquietudine, è possibile che non sia attaccato correttamente e che quindi abbia difficoltà a mangiare. In questo caso, è bene provare a staccarlo e riattaccarlo.
In tutti i casi, la poppata deve durare fino a quando entrambi i seni sono completamente svuotati, per evitare ingorghi e infezioni (mastite) e per favorire la produzione ottimale di latte.
Metti da parte regole e luoghi comuni
L’allattamento è un’
esperienza unica,
intima e
personale, per la quale non ha senso parlare di norme e regole. Il rischio è infatti quello di medicalizzare un fenomeno naturale e indebolire il tuo istinto.
Non esitare a chiedere consiglio ad un esperto, se ne hai bisogno: ti permetterà di trovare più rapidamente una soluzione e risparmiare energie, così importanti in questa fase della tua vita.
Cerca la tua personale maniera di vivere questa esperienza. La vicinanza con il tuo bambino, al di là dei libri che puoi avere letto sul tema e dei consigli altrui che non si faranno attendere, ti consentirà di comprendere il suo linguaggio e capire i suoi segnali.
Sono molte le credenze che ruotano attorno alla gravidanza e all’allattamento, così come tutti i luoghi comuni che, più in generale, riguardano le donne. Una delle ragioni è insita nel mistero che i cicli naturali, di cui la donna è vestale e assoluta protagonista, spaventano e affascinano, scatenano la necessità di spiegazioni facili e dirette.
L’informazione può assicurare alle donne l’empowerment necessario per conoscere il proprio corpo e gestire fasi uniche come la gravidanza e l’allattamento secondo il proprio istinto.
Dopo un po’ il latte perde sostanza
Qual è la durata ottimale dell’allattamento? Fino a quando ha senso e quando smettere? In molti ti diranno di smettere di allattare dopo x mesi perché arriva il momento in cui il latte è talmente diluito da non contenere fattori nutritivi. Tu potrai rispondere, se lo vorrai, dicendo che la scienza dimostra come, anche dopo l’anno di vita, esso conservi le sue proprietà.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda addirittura di offrire supporto alle mamme che scelgono di allattare i figli anche dopo i 2 anni. Pertanto, non farti scoraggiare da frasi del tipo "il tuo latte è ormai acqua": se ti viene detto da una persona che ti sta vicina, potrebbe semplicemente esprimere preoccupazione per il tuo benessere, timore che un allattamento prolungato possa nuocere alla tua salute.
Se allatto per troppo tempo sarà più difficile interrompere
È provato che l’allattamento prolungato
non rende più difficile l’interruzione.
Devo disinfettarmi ogni volta che mangia
Un’altra fissazione diffusa è quella che si debba procedere ad un lavaggio accurato del seno (quando non addirittura alla sua disinfezione) prima della poppata. Tutto ciò non solo non è necessario, ma è sconsigliato. Il tuo bambino ha bisogno di percepire l’odore della tua pelle, per sentirsi a proprio agio e iniziare a succhiare. Inoltre, la pelle della mamma ospita una flora batterica amica, che contribuisce a formare il sistema immunitario del bambino. In più, usando saponi aggressivi favorirai l’insorgenza delle ragadi.
L’allattamento fa venire le rughe e indebolisce i denti
Non esiste alcuna prova scientifica che correli l’allattamento materno all’invecchiamento precoce, al decadimento fisico o all’aggravamento di patologie pre-esistenti. Né che allattare a lungo indebolisca ossa, denti, unghie, capelli.
Si tratta di pregiudizi che traggono origine dalla qualità della vita delle balie di un tempo, un’epoca nella quale gli standard di vita non erano paragonabili a quelli moderni. Gli attuali criteri di alimentazione e i nostri livelli di benessere medio sono sufficienti a sopperire al carico della secrezione del latte. Se adotti un’alimentazione equilibrata ed eterogenea e sei globalmente sana, non andrai incontro a squilibri.
Devo mangiare per due
Infranto anche il
luogo comune che suggerisce alle neo-mamme di
mangiare il doppio del loro fabbisogno durante l’allattamento.
La scienza dice che, in questa fase, hai bisogno di circa 700 kcal in più rispetto al normale.
Cosa mangiare e cosa non mangiare
Non esistono cibi da evitare e cibi consigliati durante l’allattamento, anche se la tentazione di individuare un nesso fra un malessere del piccolo e ciò che hai mangiato nel pasto immediatamente precedente l’ultima poppata è forte. Gravidanza e allattamento sono stati fisiologici della donna, non malattie, e come tali devono essere vissuti.
Non esistono neppure cibi ideali per l’allattamento. Gli esperti consigliano un’alimentazione varia e bilanciata, che includa tutti gli elementi nutritivi (proteine, grassi, zuccheri, sali minerali, vitamine). È anche consigliata un’idratazione adeguata, in modo da ripristinare i liquidi.
Allattare fa ingrassare
No,
allattare non fa ingrassare. La secrezione di ossitocina riporta l’utero alla sua dimensione originaria più velocemente nelle donne che allattano e dunque aiuta a recuperare la forma.
Questo non significa che allattare fa dimagrire: a parte un certo dispendio calorico, si tratta più che altro di un ripristino di forma. Ma, al contrario di ciò che molti credono, l’allattamento non è incompatibile con l’esercizio fisico: puoi continuare a dedicarti al tuo sport preferito, con vantaggi notevoli in termini di recupero della forma fisica e di benessere mentale.
Allattare fa venire la depressione post-partum
Un aspetto importante è quello della salute mentale: la
depressione post-partum colpisce una donna su dieci nell’arco dei 12 mesi successivi al parto.
Non esistono evidenze scientifiche che leghino la sua insorgenza all’allattamento materno. Le cause sono altre: la presenza di altri disturbi psichici (anche pregressi) ed eventi recenti particolarmente stressanti sono fattori di rischio.
Se hai dubbi in proposito o avverti un malessere inspiegabile, non esitare a parlarne con il tuo medico.
Se allatti non puoi prendere farmaci
Qualsiasi sostanza ingerita dalla mamma finisce, con rare eccezioni, nel
latte. Questo significa che il bambino prende gli stessi
farmaci che prendi tu. Malgrado ciò possa sembrare un monito a non assumere medicinali, sono disponibili terapie compatibili con l’allattamento. Consulta il tuo medico per individuare la soluzione più adatta: anche quando il farmaco che vorresti o dovresti assumere non fosse consentito, ti può aiutare a trovare un’alternativa efficace e sicura.
Sì, mentre allatti puoi fare la
tinta ai capelli, l’anestesia dal dentista, gli accertamenti radiologici (se ne hai bisogno).
No, mentre allatti
non puoi bere alcolici: anche dosi limitate di alcol possono causare danni irreversibili nel cervello di un neonato. La birra non fa aumentare la quantità né la qualità del latte prodotto.
L’allattamento è tutelato dalla legge
I
vantaggi per la salute della mamma e del bambino sono alla base di una serie di
provvedimenti normativi e
iniziative istituzionali per
tutelare l’allattamento al seno.
Con il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la legge disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle mamme.
È anche fondamentale che le mamme abbiano accesso a una informazione completa, chiara e scientificamente provata: fra le cause che portano ad abbandonare l’allattamento, infatti, una delle più impattanti è la scarsa conoscenza dei reali benefici ad esso correlati. Se la cultura popolare è ricca di aneddoti e storie edificanti sull’allattamento, è anche vero che i luoghi comuni e i falsi miti che circolano intorno all’argomento sono tanti, diffusi e spesso fuorvianti.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI