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Pratica che ha visto crescere la sua popolarità a partire dagli anni '80 del 900, il parto in acqua ha subìto una frenata negli ultimi anni. Gli esperti dell'
American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), nelle ultime Linee Guida, hanno infatti sollevato il problema della
mancanza di dati certi per la
valutazione dei rischi e dei benefici relativi all'ultima parte del travaglio. La loro raccomandazione per le donne, in attesa di maggiori evidenze, è di
uscire dall'acqua prima che inizi il secondo stadio. Dello stesso parere sono gli esperti della
Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO). “In questo momento non ci sono le condizioni per esprimere un giudizio serenamente favorevole riguardo al parto in acqua mentre sull’
immersione nel primo stadio del travaglio, nei casi selezionati per la presenza di tutti i requisiti,
non sono emerse problematiche”, spiega il Professor
Giovanni Scambia, Presidente SIGO e Responsabile scientifico della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma.
Quali sono i vantaggi e i possibili rischi di questo tipo di parto? E cosa è bene sapere se si desidera sperimentarlo?
Vantaggi per la mamma e il bambino
L'
effetto analgesico dell'acqua, il
rilassamento dei muscoli del perineo, l'
atmosfera intima, sono alcune delle caratteristiche dell’esperienza del travaglio in acqua che piacciono alle donne. “Ci sono diversi studi - compresa una revisione Cochrane del 2009 rieditata nel 2018 - che suggeriscono come l’esperienza del I stadio del travaglio in acqua sia associata a un
ridotto ricorso dell'analgesia epidurale e a una
durata più corta”, spiega
Anna Franca Cavaliere, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Personalizzata del Parto presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma e membro SIGO.
Un altro aspetto positivo è che nella vasca le future mamme sono
più libere di muoversi e di cambiare posizione, il che permette loro di avere un ruolo maggiormente attivo. Quanto al bambino, l'idea alla base della scelta materna, è che avendo trascorso i primi
nove mesi di vita fetale immerso nel liquido amniotico, la nascita in acqua sia
meno traumatica e
più dolce per lui rispetto a quella “on-land”, cioè fuori.
Potenziali rischi e parere della SIGO

“La segnalazione di eventi avversi che hanno riguardato l'
ultima fase del travaglio in acqua - rari ma talvolta seri e fatali, come
infezioni gravi e
soffocamento a carico del bambino - hanno aperto una fase di verifica.
Non si sa con certezza se questi problemi si sarebbero presentati comunque in un parto tradizionale e se le procedure di sicurezza sono state tutte rispettate. Ma ad oggi,
non è possibile, per la SIGO, esprimere
un parere serenamente favorevole riguardo all'immersione in acqua nel 2° e nel 3° stadio del travaglio”, spiega il Professor Scambia. “Il diritto della donna a 'personalizzare' il momento della nascita del proprio bambino è tenuto in grande considerazione dalla Società, ma non può prescindere dalla
sicurezza”, continua il Presidente.
Per quanto riguarda l’
immersione nella prima fase, invece, quella in cui le
contrazioni sono presenti ma non si è ancora raggiunta una dilatazione tale da poter parlare di travaglio attivo, la
Società dà il suo benestare, se le pazienti sono a basso rischio certo.
Tipo di assistenza in Italia
“Nel nostro Paese, il
tipo di assistenza per le future mamme
viene stabilito dalle Aziende Ospedaliere sulla base di
protocolli condivisi dalle équipe dei
ginecologi, delle
ostetriche, dei
neonatologi, degli
anestesisti e dalla
Direzione Sanitaria”, spiega la Dott.ssa Cavaliere. Gli ospedali non hanno l'obbligo di aderire alle raccomandazioni ACOG, non trattandosi di Linee Guida ministeriali, ma è importantissimo
tener conto delle indicazioni e delle evidenze scientifiche.
Le strutture che offrono il servizio devono disporre di personale preparato e devono eseguire tutte le verifiche necessarie. “Spetta a loro occuparsi della
manutenzione e della
disinfezione delle vasche. Durante il travaglio, inoltre, devono rispettare alcune misure precauzionali, come controllare a intervalli di un'ora la
temperatura corporea della donna e quella dell'
acqua, che dev'essere compresa
tra i 33 e i 37 gradi”.
Requisiti delle candidate
“I criteri d’inclusione sono ovunque molto rigidi per cui non è così semplice accedere al parto in acqua”, spiega Anna Franca Cavaliere. “Tra i principali requisiti, ci sono una
gravidanza fisiologica, l’
assenza assoluta di complicazioni, di
patologie insorte prima o durante la gestazione, di
infezioni e una
presentazione del
feto cefalica. Le donne, inoltre, devono obbligatoriamente trovarsi
tra la 37esima e la 41esima settimana di attesa”.
Ospedali che offrono il servizio
Una
lista di strutture attrezzate per il parto in acqua è presente sul portale Doveecomemicuro.it.
Vi invitiamo comunque ad assicurarvi dell'effettiva attivazione del servizio chiamando i singoli centri.