Il cuore si forma nei primi cinquantacinque giorni di vita embrio-fetale. È in questa fase che, circa otto volte su mille, si generano difetti di varia entità, da piccole anomalie a forme incompatibili con la vita. “Le cardiopatie congenite sono malformazioni che coinvolgono il cuore e i grossi vasi. Si dividono in semplici, quando si limitano a un difetto dei setti cardiaci (difetto interatriale, difetto intraventricolare, dotto di Botallo), o complesse, se i difetti sono multipli e associati tra loro. Quarant'anni fa, i bambini che nascevano con una cardiopatia complessa avevano ovunque poche speranze di sopravvivenza. In Italia, negli anni '70, la mortalità superava il 70-80%; oggi, invece, grazie ai progressi della medicina, risulta inferiore al 5%. Il quadro cambia, però, nei Paesi in via di sviluppo, dove mancano medici e strutture ospedaliere. In Africa, ad esempio, la mortalità arriva ancora al 50-60%”, dice Alessandro Frigiola, Direttore dell’area di Cardiochirurgia all’IRCCS Policlinico San Donato e presidente-fondatore dell'associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo (www.bambinicardiopatici.it). “Nonostante i traguardi raggiunti, le cardiopatie congenite continuano a essere la terza causa di morte in età pediatrica nel pianeta dopo infezioni e malnutrizione. Ogni anno, muoiono quasi 2 milioni di bambini a causa di queste patologie”.
Fotografia della realtà italiana
Il contesto italiano è molto diverso da quello dei Paesi in via di sviluppo. Ogni anno, qui nascono circa 4.500 bambini cardiopatici le cui speranze di vita sono piuttosto alte. In base ai dati del PNE 2017, i centri che nel 2016 hanno eseguito interventi di cardiochirurgia pediatrica in Italia sono 38: il 42% si trova al nord, il 29% al centro e il 29% al sud. Della totalità dei ricoveri, il 55% è stato effettuato al nord, il 27% al centro e il 18% al sud.